La Chiesa dovrà continuare sulla strada aperta da Bergoglio

La Chiesa di Roma dovrà continuare sulla strada aperta da Bergoglio

Il dialogo, la pace e la semplicità

Abbiamo appena dato l’estremo e commosso saluto a Papa Francesco e i signori cardinali si accingono ad eleggere il nuovo successore di Pietro. Siamo sottilmente tentati ogni volta di applicare le categorie umane al Conclave, eppure accade sempre qualcosa di imponderabile dopo che il Maestro delle Celebrazioni Liturgiche Pontificie pronuncia ad alta voce: “Extra Omnes” (fuori tutti).

Per i credenti è il soffio dello Spirito Santo, per i laici il fascino di un rito che nulla ha in comune con quelli che scandiscono l’ordinaria vita quotidiana dei popoli e delle loro istituzioni terrene. Francesco, il suo ricordo, certamente sarà presente nella Cappella Sistina. E un motivo c’è. Lui è stato un Pontefice acclamato ma al contempo una figura controversa del nostro tempo travagliato, forse perché ‘scandalosa’ nel senso evangelico del termine.

Scandalosa non per i dimenticati, da lui amati e continuamente citati, ma per i potenti della Terra. Alcuni di costoro lo hanno ammirato, pochi; altri lo hanno criticato o ignorato. Il suo pontificato ha generato tensioni per il carattere profetico e le denunce delle ingiustizie ovunque consumate.

Guerre, diseguaglianze, crisi ambientali e resistenze interne alla Chiesa verso la sua opera riformatrice hanno segnato il suo cammino. A ciò si aggiungono le accuse strumentali, come quelle relative alle sue aperture, senza incrinare dottrina e tradizione, sui divorziati risposati e sulle coppie omosessuali. Per molti potentati politici ed economici Francesco rappresentava una minaccia agli interessi consolidati.

Se da un lato ha influenzato il dibattito su ecologia, pace e dialogo interreligioso, dall’altro ha suscitato ostilità in chi vedeva nelle sue posizioni un sovvertimento dello status quo. Una sua preoccupazione emerge con forza nei 12 anni di pontificato: l’ipocrisia diffusa. Francesco la definiva “il linguaggio del diavolo”, un modo per “truccarsi l’anima” e apparire diversi da ciò che si è.

Esiste l’ipocrisia personale, ma anche quella di Stato, dei potenti che proclamano pace, giustizia e rispetto dell’ambiente mentre alimentano conflitti, sfruttamento egoistico delle risorse e indifferenza. Lo disse chiaramente in un’intervista concessa alla televisione argentina ‘Canal Orbe 21’ e trasmessa nel dicembre 2024: “Mi preoccupa che gli appelli di pace entrino da un orecchio ed escano dall’altro. C’è anche una ipocrisia di fondo: parliamo di pace, ma armiamo la guerra”.

Ha evidenziato ripetutamente come in Europa gli investimenti più redditizi siano legati alle fabbriche di armi, rimarcando una palese contraddizione tra le intenzioni verbali pacifiste e le azioni che alimentano la violenza.

Compassione, giustizia sociale, ecologia integrale, accoglienza dei migranti, denuncia del capitalismo selvaggio e del “globalismo dell’indifferenza”, la scomunica per i mafiosi che non si pentono, la lotta senza quartiere alla pedofilia tra i chierici, i numerosi appelli per l’Ucraina, Gaza, il Medio Oriente e i conflitti meno visibili: attorno a questa possente premura paterna si è appalesato un drammatico festival dell’ipocrisia. La partecipazione di numerosi leader mondiali alle sue esequie, non di rado lontani materialmente e moralmente dal Francesco vivo, ne è stata una dimostrazione plastica.

Encicliche, Lettere Apostoliche, omelie e discorsi testimoniano le priorità di un Papa talvolta osteggiato, persino dentro la Curia romana, da chi dichiarava pubblicamente di apprezzarlo per poi agire in senso opposto.

La sua semplicità – dal rifiuto di auto di lusso, di vesti sontuose al celebre “buonasera” del 2013 – lo ha reso carismatico anche per chi non pratica la fede cattolica. Vedremo chi sarà il prossimo Vescovo di Roma vestito di bianco. Chiunque sarà eletto difficilmente potrà tornare indietro. La voce di Francesco ha ispirato milioni e milioni di persone, in verità più tra gli ‘ultimi’ che tra i ‘primi’.


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