"La didattica a distanza penalizza i disabili, ma un'alternativa c'è"

“La didattica a distanza penalizza i disabili, ma un’alternativa c’è”

Foto di BeatriceBB da Pixabay
I problemi della Dad e le possibili soluzioni, le storie di chi attende aiuto e i consigli per riceverlo

PALERMO – Difficoltà nel reperire gli strumenti adatti, ostacoli burocratici, assenza di competenze in materia: per le famiglie del Sud, la didattica a distanza è incubo. Un disagio ormai chiaro nei fatti, che ora è registrato nero su bianco: tra aprile e giugno 2020 oltre il 23 per cento degli alunni con disabilità non ha preso parte alle lezioni, ma nelle regioni del Mezzogiorno la quota raggiunge il 29 per cento. Lo svela l’ultimo report nazionale dell’Istat “L’inclusione scolastica degli alunni con disabilità”. In Sicilia la conferma arriva dai genitori di ragazzi con disabilità ma anche dalle associazioni, che ai dati statistici affiancano la propria esperienza.

Didattica a distanza e disabilità: il report

L’Istat evidenzia che tra la Dad e gli alunni si frappongono soprattutto la gravità della patologia (27%), la mancanza di collaborazione dei familiari (20%) e il disagio socioeconomico (17%). Ma non solo: per il 6 per cento degli allievi infatti l’esclusione è dovuta alla difficoltà nell’adattare alla didattica a distanza il Piano educativo per l’inclusione (Pei), alla mancanza di strumenti tecnologici (6%) e infine alla mancanza di ausili didattici specifici (3%). L’Istat quindi sottolinea che le difficoltà di carattere tecnico e organizzativo, unite alla carenza di strumenti e di supporto adeguati e alle difficoltà di interazione, hanno reso la Dad più difficile per i ragazzi disabili. Come stanno le cose a dicembre?

“Non si tratta solo di chi è disabile”

Un’idea la fornisce il comitato Siamo handicappati no cretini, che guida e sostiene le famiglie delle persone disabili nei problemi quotidiani. Il vicepresidente Giovanni Cupidi spiega che il comitato si confronta molto spesso col malfunzionamento della Dad, e allo stesso tempo denuncia che “è praticamente impossibile reperire dati regionali ufficiali sul fenomeno. Per ricavare una panoramica generale possiamo solo applicare la nostra esperienza di associazione, e siamo portati a dire che in Sicilia tutto prosegue nella direzione dei dati Istat anche dopo mesi”.

“Il quadro si complica perché ultimamente si registrano defezioni fra gli assistenti all’autonomia – prosegue Cupidi – e va comunque tenuto conto che non si tratta solo di assistere chi è disabile. Per esempio c’è anche il grave disagio dei ragazzi con difficoltà nell’apprendimento, che non sarà una vera e propria disabilità ma comporta pur sempre disagi nel seguire la didattica a distanza. Attualmente nemmeno loro possono essere seguiti con l’attenzione che meriterebbero”.

“Forse ho chiesto la Luna”: la storia

Da architetto a mamma a tempo pieno per occuparsi al meglio di sua figlia. È successo a uno dei fondatori del comitato stesso, Vincenza Ferrante. Sua figlia, disabile gravissima, è l’unica alunna con disabilità di un noto liceo palermitano. “Mia figlia è una persona molto fragile, già soggetta a problemi polmonari – spiega – e sarebbe un grosso problema se contraesse il Covid. Quindi l’11 settembre ho fatto richiesta per la didattica domiciliare. Non so, forse ho chiesto la Luna. Sono stati presi contatti coi medici dell’Asp, che hanno voluto una certificazione del medico di famiglia ed eventuali dettagli sulle polmoniti pregresse di mia figlia, per arrivare finalmente ad approvare il Pei così da prevedere la didattica a distanza. Prima che la scuola si muovesse, però, ho dovuto mandare una diffida dell’avvocato”.

Ferrante racconta la trafila del piano che riguarda la figlia:“È stato prima approvato dal consiglio di classe e poi da quello d’istituto, quindi è stato trasmesso all’Ufficio scolastico regionale. Ma lì c’è stato un altro problema, perché l’Usr continuava a fare riferimento alla sola possibilità della didattica domiciliare post ospedaliera. Ho dovuto spiegare che non si trattava del caso di mia figlia. Non è stata dimessa da nessun ospedale, è ‘semplicemente’ una persona fragile. L’ufficio continuava a chiedermi certificati ospedalieri che ovviamente non avevo, non esistevano”.

“Non sono mai riuscita a comprendere questa forzatura – ammette Ferrante – anche perché nella didattica post ospedaliera vengono impiegati insegnanti ad hoc e va previsto un budget, mentre un caso come il mio coinvolge figure molto più raggiungibili. Parliamo di un assistente all’autonomia già pagato dalla Regione e di un insegnante di sostegno che la scuola ha già assegnato a mia figlia”.

“Accomodamenti ragionevoli”

La fine della storia sembra vicina, ma manca ancora un tassello: “Nei primi di dicembre è stato trasmesso questo progetto – annuncia Ferrante – ma mi è stato chiesto di modificarne l’effettività da ‘fino alla fine dell’anno’ a ‘per trenta giorni’, considerati il limite massimo di tempo ammissibile. Scaduti i trenta giorni si andrà al rinnovo e così via. E dire che la legge parla di ‘accomodamenti ragionevoli’… Ma non è tutto: è arrivata la buona notizia che l’assistente all’autonomia può venire a casa per seguire mia figlia durante le lezioni, ma non abbiamo notizie dell’insegnante di sostegno che deve essere individuato dall’Usr”.

Intanto la speranza è “che questo calvario finisca presto. Già durante il lockdown ho dovuto abbandonare il mio lavoro di architetto per seguire mia figlia, a cui piace pure tantissimo andare a scuola e ascoltare le lezioni ma oltre questo non può fare nient’altro. Ha bisogno di figure che si dedichino a lei, altrimenti non potrà mai collegarsi con insegnanti e compagni”.

“Scelte sbagliate”

La didattica a distanza non è alla portata di tutti perché i mezzi con cui arginare lo scoglio non sono adeguati. Lo ricorda Antonio Costanza, vicepresidente dell’Anffas Sicilia (Associazione nazionale famiglie di persone con disabilità intellettiva e/o relazionale) e presidente dell’Anffas Palermo. “Le persone con disabilità possono fare tutto, nell’ambito della loro disabilità, ma solo se si riconoscono loro dei sostegni. Questa è la base. Qui da un lato c’è il Covid, che ha colpito un sistema con al centro la famiglia, e dall’altro c’è la Dad che non va. Per molti alunni disabili il supporto manca del tutto, per altri c’è ma è frutto di scelte sbagliate”.

Costanza spiega meglio: “Non sono pochi i casi in cui le figure scelte dalle istituzioni si ritrovano a fare lezioni a due. Praticamente in solitaria, a tu per tu con un unico alunno e fuori dal contesto della classe. Questa non può essere definita Didattica a distanza, fare lezione in un contesto del genere significa venir meno all’inclusione scolastica”.

“C’è l’alternativa ed è un vero e proprio diritto”

“Il punto focale è che oggi c’è un’alternativa – avvisa il vicepresidente dell’associazione – ottenuta su sollecitazione della Fish, la Federazione italiana per il superamento dell’handicap a cui Anffas aderisce. Nel Dpcm del 3 novembre il legislatore riconosce una cosa fondamentale: anche con le lezioni sospese, l’alunno disabile può comunque svolgerle in classe. Perché questo succeda però devono essere presenti una delegazione di pochi compagni non disabili e le figure di assistenza. Tutto viene ripreso anche da una nota del Ministero dell’Istruzione. In quante scuole sta avvenendo questa rivoluzione dalla portata enorme? La domanda resta aperta, ma l’Usr si è detto disponibile a ricevere segnalazioni dai genitori che fanno richiesta alle scuole e queste non si attivano.

“Ma attenzione – avvisa Costanza – perché i dirigenti scolastici, nel tentativo di fare del bene, potrebbero adottare soluzioni con effetti opposti. Per esempio, in mancanza della delegazione dei compagni non disabili, comporre una classe di soli alunni disabili sarebbe un errore inaccettabile. Verrebbe sottratto loro il diritto all’inclusione scolastica. Insomma – conclude – bisogna usare gli strumenti giusti nel modo giusto, perché ci sono. Va spezzato questo circolo vizioso, sfruttando un’alternativa che è un vero e proprio diritto”.

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