Il Covid ha messo in ginocchio migliaia di famiglie siciliane

La fame e i quaderni riciclati|Covid, migliaia di nuovi poveri

Quaranta mila famiglia nella sola Palermo. Arrivano i milioni promessi dalla Regione. L'impegno della Caritas

Un uomo, un padre si è rivolto alla Caritas di Caltanissetta. Non ha i sodi né per mangiare né per comprare i libri. “E ci siamo pure accorti – racconta Giuseppe Paruzzo, direttore regionale della Caritas – che i bambini cancellano i quaderni per riutilizzarli”.

Storie di ordinaria (?) povertà e di grande dignità che esistono da sempre. La pandemia del Coronavirus ha reso più profondo il fossato che divide chi ha ciò che basta, e a volte avanza, e chi non ha il minimo indispensabile. È soprattutto nei grandi centri dove la catena di solidarietà di vicini e parenti si fa più rarefatta che si soffre di più.

A Palermo negli ultimi mesi, dal lockdown a oggi, sono state aiutate 40 mila famiglie. Non ci sono ancora statistiche generali, ma chi vive e lotta accanto ai poveri ritiene che in tutta la Sicilia il numero vada moltiplicato per 10. La cifra diventa enorme.

“Il reddito di cittadinanza e quello di emergenza, bisogna dirlo – spiega Giuseppe Mattina, assessore ai Servizi sociali del Comune di Palermo – hanno evitato che qualcuno morisse di fame”.

Nei mesi più duri, della chiusura totale, il Comune ha erogato i buoni spesa, caricati sulla tessera sanitaria, a 18 mila famiglie. Per la restante parte si sono sbracciati la Caritas, la Croce Rossa e altre associazioni di volontariato.

Adesso dalla Regione sono finalmente arrivati i cento milioni di euro ritagliati dal Fondo sociale europeo e annunciati dal presidente della Regione Nello Musumeci in aprile. “Per Palermo – aggiunge Mattina – si tratta di circa sedici milioni di euro. Abbiamo già raccolto cinque mila richieste di aiuto”.

Le famiglie riceveranno una cifra compresa tra 300 e 800 euro al mese e “potranno scegliere se usufruirne sotto forma di buoni spesa, per pagare l’affitto o le bollette”. Ma con i soldi a disposizione si spera di ampliare la platea dei beneficiari, esclusi coloro che già ricevono altre forme di aiuto.

Tra chi soffre e ha paura ci sono le persone che da sempre vivono in condizioni di profondo disagio, ma ci sono anche i nuovi poveri. Dall’emporio della Caritas di Caltanissetta (veri e propri market della beneficenza), dove Paruzzo si sta dando un gran da fare mentre lo raggiungiamo al telefono, si è accesa una luminosa spia del malessere: “L’anno scorso si sono rivolte a noi 752 persone, negli ultimi quattro mesi siamo già a quota 3.200″.

Chi sono? “Gente che viveva di lavori giornalieri, muratori, elettricisti, falegnami, braccianti agricoli, rappresentanti, negozianti. Molti volti sono a noi familiari, ma ho visto tante persone sconosciute che devono affrontare anche un fortissimo e inedito disagio psicologico”.

Chi è povero da sempre sa come muoversi, come orientarsi nella giungla della sopravvivenza. Non è una consolazione, ma un triste dato di fatto. E non è detto che ci riesca. Invece “c’è gente che non ha idea di cosa fare e non conosce le priorità”. E così bisogna aiutarli con maggiore discrezione.

Chi ha fame usa gli aiuti per compare cibo e mette in secondo piano, ad esempio, l’igiene personale. Accade anche questo nella Sicilia del 2020, che un prete inviti durante la celebrazione della messa i fedeli a comprare dei saponi per i più poveri. La scala delle priorità mortifica la dignità.

E il futuro? Con quali animo approcciarsi al tempo che verrà? “I prossimi mesi saranno duri – ammette Mattina – ma abbiamo il dovere di essere ottimisti, a patto che cambi l’approccio. Il sostegno economico è decisivo, ma i soldi da soli non bastano. Dobbiamo attivare delle politiche attive per portare la gente fuori dallo stato di povertà”.

La parolina magica è “lavoro”, ma è dura pronunciarla. “Ad esempio a Palermo – aggiunge l’assessore – abbiamo fatto partire circa 700 tirocini lavorativi con un progetto che prevede la convenzione con agenzie per il lavoro e imprese”. Chi percepisce il reddito di cittadinanza segue un tirocinio di sei mesi con un contributo di 3 mila euro. Non si fa solo assistenza, ma si tenta la carta dell’inclusione.

Non perde la fiducia neppure Paruzzo nonostante “ci aspettiamo una autunno di fuoco, perché molte aziende non hanno riaperto, le persone hanno usato i risparmi e ora si devono pagare tutte le cose rimandate. Vi faccio un esempio: ora inizia la scuola, servono i libri, i quaderni, le penne, tutto. Sono cose normali, obbligatorie. Che fai? Vai al supermercato o compri i libri? Durante il lockdown – aggiunge – c’è stato un assalto. Poi gli aiuti dello Stato, della Regione e dei Comuni hanno garantito un attimo tregua. Ma ora sarà dura”.

Non resta che appellarsi alla generosità della gente, alle donazioni, e alla comunione di intenti: “Dobbiamo lavorare tutti insieme, le istituzioni devono essere unite”. Mentre la gente “deve recuperare lo spirito di comunità che ci ha unito nei mesi scorsi e che oggi sembra essere scemato”, dice Mattina. Il suo tono di voce fa emergere un velo di amarezza.

Nel frattempo la Caritas regionale prepara i pacchi scuola da dividere alle famiglie. Dentro ci saranno quaderni, matite, colori ma anche igienizzante e mascherine. Il Covid ha imposto nuove regole anche alla solidarietà.

Quelle stesse mascherine che, conclude Paruzzo, “hanno nascosto i volti di chi si è presentato e si presenta a chiedere aiuto. È diventato un mezzo di difesa della propria dignità violata, ma gli occhi non mentono mai. Noi ci siamo”.

Il direttore della Caritas c’è stato quando un uomo, un marito, piangeva disperato. Non aveva i soldi per la benzina. La macchina gli serviva per accompagnare la moglie in ospedale. Ha un tumore.


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