Chi conosce, anche di sfuggita, Ida Cuffaro, figlia di Totò, sa che, verosimilmente, non le piacerà leggere questo articolo, perché è una persona riservatissima. Come, altrettanto verosimilmente, è lecito pensare che non abbia gradito gli altri articoli sullo scritto superato all’esame per il concorso in magistratura, aspettando l’orale. La notizia, lanciata da un’agenzia, è diventata di dominio pubblico. E la macchina della reprimenda social si è immediatamente messa in moto, nel nome di suo padre. Siccome un Cuffaro (Totò) è stato condannato per mafia, una Cuffaro (Ida) con che faccia ritiene di fare il giudice? Ecco il ragionamento, immemore di un’antica norma di saggezza e civiltà: le colpe dei padri non ricadono sui figli.
“Ho letto solo di recente qualche commento su certe bacheche. Sono insulti vergognosi e scandalosi ai danni di una ragazza studiosissima e coraggiosa”. L’indignazione (da sottoscrivere) è quella del professore Costantino Visconti, docente di Diritto a Scienze politiche, un intellettuale nel senso concreto della definizione: guidato più dalla curiosità per le domande che dalla fretta delle risposte. “Ida Cuffaro – continua il professore Visconti – ha superato gli scritti, adesso, all’orale, dovrà portare tredici materie. Abbiamo idea delle pressione e del fardello? E qualcuno la crocifigge in quanto, semplicemente, figlia? Questa è barbarie, non c’è altro modo per definirla. Comunque, se fossi Totò Cuffaro, non avrei rilasciato interviste. Avrei espresso soltanto il mio ‘no comment’ per non creare altri focolai di offese, i frutti velenosi di una società incattivita”.
Il professore Visconti va oltre e risponde: “Quali sono, secondo me, i requisiti per un bravo magistrato? La competenza e l’equilibrio, senz’altro. Qualche anno fa avrei detto pure la passione, oggi, specifico: per il Diritto. La passione, da sola, può essere la fornace dell’esaltazione, perfino in buonafede e ogni forma di esaltazione rischia di diventare pericolosa. Potrei aggiungere che è necessario l’amore per la Costituzione”.
Quei commenti, dunque, in giro per il web. Che non riproduciamo per ecologia della pagina e decenza, ma che chiunque ha modo di verificare. Un accanirsi, spesso, fuori ogni misura. Una voglia feroce di lapidare, di additare, di emettere sentenze. Ha ragione Costantino Visconti: sono frutti avvelenati. Si sta molto (e legittimamente) discutendo sull’opportunità del ritorno di Cuffaro (Totò) in politica, dopo la condanna per favoreggiamento a Cosa nostra, tenendo per ferma la riammissione in società, dopo avere scontato la pena.
Ma allora quale sarebbe il capo d’imputazione per Ida? In che cosa consisterebbe la sua colpa nel vivere, nel respirare, nell’andare avanti, nell’appassionarsi, nel sogno di una esistenza normale, nell’ideale di un mestiere nobile? Quell’aggettivo ‘coraggiosa’, presente nella chiacchierata con il professore, non è casuale. Ci vuole coraggio nel sopportare la lontananza di un padre, anche se colpevole. I figli e le figlie, fino a prova contraria, sono innocenti. (Roberto Puglisi)