“Non è la condanna che conta, perché tanto mio marito non tornerà più a casa dai nostri figli né da me, ma è il segno di giustizia che attendevo”. Lo ha affermato Marisa Grasso, vedova di Filippo Raciti, commentando la sentenza con cui ieri il Tribunale per i minorenni di Catania ha inflitto 14 anni di reclusione per omicidio preterintenzionale per il ferimento mortale dell’ispettore di polizia il 2 febbraio 2007 durante il derby di calcio con il Palermo.
“Il primo passo è stato fatto – ha aggiunto partecipando nella Questura di Catania alla presentazione del Memorial Raciti un torneo di calcio nazionale riservato a poliziotti – ma continueremo a chiedere giustizia nei confronti della divisa che é stata maltrattata, nei confronti dell’uomo Filippo, nei confronti dell’ispettore e dei suoi colleghi, nei confronti di un servitore dello Stato e di un onesto cittadino, tra ‘virgolette’ catanese”.
Nel calcio, secondo la vedova Raciti, dopo la morte di suo marito “qualcosina è stata fatta ma la violenza non è cambiata totalmente”. Marisa Grasso non ha nascosto la sua “amarezza nei confronti del Comune di Catania”. “Avevo chiesto una intitolazione dignitosa, rispettosa voluta e dovuta alla memoria di mio marito – ha osservato – e invece il nome di mio marito è stato assegnato ad uno slargo vicino lo stadio, che è un parcheggio neanche tenuto bene dove io non posso portare i miei figli. Questa – ha concluso la vedova Raciti – è la risposta che mi ha dato Catania…”.