La joint venture della cocaina: i legami tra i Cappello e i calabresi - Live Sicilia

La joint venture della cocaina: i legami tra i Cappello e i calabresi

Al centro dell'inchiesta da cui è scaturito il blitz antidroga di oggi ci sono Michele Vinciguerra e Saverio Zoccoli. Tutti i nomi.

CATANIA – Alla festa di scarcerazione c’erano tutti, compresi gli amici e soci arrivati direttamente dalla Calabria. Che, per le loro visite all’ombra dell’Etna, avevano perfino una stanza fissa prenotata in un b&b. I protagonisti indiscussi dell’operazione Kynara sono il calabrese Saverio Zoccoli (classe 1984), accusato di essere un narcotrafficante con affari in tutt’Italia, e il catanese Michele Vinciguerra (classe 1967), detto ‘u cardunaru, uscito dal carcere ad aprile 2021 dopo avere scontato 12 anni in seguito al blitz Revenge, contro il clan Cappello. Zoccoli e Vinciguerra sarebbero stati i protagonisti di una joint venture della cocaina con affari milionari. Il secondo è accusato di associazione a delinquere di stampo mafioso.

Sono i legami tra la Calabria e il capoluogo etneo il centro di un blitz che, questa notte, ha impiegato oltre duecento uomini, fatto volare in cielo un elicottero e cambiato gli equilibri di alcune piazze di spaccio catanesi, a San Cristoforo e non solo. Nell’ambito dell’indagine (30 persone sono finite in carcere, sette agli arresti domiciliari, una in comunità) sono stati sequestrati 41 chili di cocaina e qualche chilo di hashish. “Sull’asse Calabria-Sicilia si muovevano soggetti della Locride e persone riconducibili al clan Cappello-Bonaccorsi”, spiega Antonio Sfamemi, capo della Squadra mobile di Catania.

“Questa operazione conferma un dato acquisito – aggiunge il vicequestore aggiunto Paolo Lisi – Cioè legami esistenti tra le due organizzazioni, quella calabrese e quella etnea. Stavolta, però, si fa un salto di livello”. I calabresi, cioè, non sarebbero più stati semplicemente partecipi del traffico di cocaina, bensì organizzatori a tutti gli effetti. Per questo a Zoccoli e Vinciguerra viene contestato il ruolo di capi promotori di un sistema che faceva scorrere fiumi di polvere bianca all’ombra dell’Etna e portava ricavi a molti zeri nelle casse dell’associazione criminale.

Gli approvvigionamenti di droga sarebbero avvenuti con cadenza regolare. Ogni due settimane sarebbero arrivati tra i 15 e i 20 chili di cocaina che venivano distribuiti alle piazze per conto dell’organizzazione: non solo a Catania, ma anche a Palermo, Caltanissetta, Siracusa. Per gli investigatori,i quantitativi aumentano dopo la celebrata scarcerazione di Vinciguerra, avvenuta l’8 aprile 2021. Alla festa per il rilascio, in una casa di Vaccarizzo, fuochi d’artificio, cantanti neomelodici, e decine di persone. “Forse definire Vinciguerra un distributore è un termine riduttivo – interviene Vito Calvino, questore di Catania – Era più un concessionario, per rendere meglio l’idea. La componente catanese si occupava di riscuotere incassi in tutta la Sicilia”.

A fare partire le indagini, ormai più di due anni fa, è stato il monitoraggio del corriere calabrese Concetto Paolo Ficara. Da lì comincia la ricostruzione dei legami, anche familiari, tra i trafficanti calabresi e i concessionari locali. Secondo gli investigatori, i principali distributori etnei sarebbero stati Alberto Bassetta, genero di Michele Vinciguerra, e Giacomo Ravasco. I due si sarebbero poi occupati di rivendere i carichi di droga in città, e non solo.

I corrieri, esclusivamente calabresi, incontravano nel capoluogo etneo i destinatari in località prestabilite. Il luogo di partenza, invece, sarebbe stato sempre lo stesso: le campagne della Locride, sulla costa ionica calabrese, terra di ‘ndrangheta. “Per descrivere lo spessore dei soggetti in questione, mi pare sintomatico un aneddoto – racconta Marco Alletto, dirigente dell’Antidroga – Il violento pestaggio di un sodale quando sparisce un carico di droga”.

Nel caso in questione, si parlava di un panetto. Da solo, avrebbe potuto fruttare tra i 30 e i 40mila euro. Quando sparisce, secondo il resoconto della polizia, Vito Finocchiaro (classe 1978, arrestato anche lui) sarebbe stato ritenuto responsabile. Prima torchiato, poi massacrato di botte affinché rivelasse dove la cocaina era finita, infine minacciato di più gravi ripercussioni. Autori delle violenze sarebbero stati suocero e genero, Vinciguerra e Bassetta.

“La droga non è stata ritrovata – conclude Alletto – ma l’uomo ha ottenuto di potere versare una cifra mensile per il risarcimento del danno economico”. Un accordo, insomma, per risolvere la questione senza ulteriori violenze.

I nomi degli arrestati:

Alberto Bassetta (classe 1990);
Emanuele Cataneo (1968);
Giuseppe Celentano (1992);
Giuseppe Condorelli (1982);
Giovanni Costa (1984);
Corrado Di Mare (1979);
Concetto Paolo Ficara (1976);
Aurora Finocchiaro (1999);
Vito Finocchiaro (1978);
Antonino Florio (1974);
Salvatore Mancarella (1950);
Alessandro Marsengo (1987);
Francesco Marzano (1977);
Orazio Maugeri (1972);
Sebastiano Miano (1994);
Sebastiano Fabio Musumeci (1971);
Paolo Nicita (1979);
Crocifissa Maria Ravasco (1971);
Gaetana Ravasco (1969);
Sebastiano Tanasi (1991);
Ignazio Villari (1965);
Michele Vinciguerra (1967);
Saverio Zoccoli (1984).

Agli arresti domiciliari:

Luigi Cipolla (classe 1991);
Caterina Ficara (1973);
Fortunata Ficara (1975);
Rosa Nieli (1985);
Giuseppe Paviglianiti (1993);
Agatino Prima (1968);
Maria Jessica Vinciguerra (1992).

Collocamento in comunità minorile:

Z. G. (classe 2004)


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