La lezione di Miccoli |sul ruolo di un vero capitano - Live Sicilia

La lezione di Miccoli |sul ruolo di un vero capitano

C’è tutto l'orgoglio ferito del numero dieci rosanero nelle parole chiare e limpide come acqua di sorgente dette ieri in conferenza: Fabrizio Miccoli parla da capitano. Come sempre. Lui, quello con la fascia al braccio che non è uno straccio ma un simbolo d’orgoglio e di appartenenza, non lo fa solo durante i 90 minuti della partita, ma sempre: prima, durante e dopo.

PALERMO – “…Io sono motivato ma deluso, però io vengo dopo la squadra, prima di me viene il Palermo… Se vinciamo col Cagliari e io non vengo convocato, per me va bene lo stesso, prima la squadra, poi io…”.

C’è tutto il suo orgoglio ferito in queste parole, “pescate” tra le tante – tutte chiare e limpide come acqua di sorgente – della sua conferenza di ieri: Fabrizio Miccoli parla da capitano. Come sempre. Lui il capitano, quello con la fascia al braccio che non è uno straccio ma un simbolo d’orgoglio e di appartenenza, non lo fa solo durante i novanta minuti della partita, ma sempre: prima, durante e dopo. Come dev’essere quando si rappresenta un’intera squadra.

Ma dicevo del suo orgoglio ferito, quello che traspare incontenibile, per quanti sforzi lui faccia (mimici e non solo), quando si lascia sfuggire la frase: “…Se vinciamo col Cagliari e io non vengo convocato, va bene lo stesso…”, perché sappiamo benissimo che non è così, che lui vuol sempre giocare, lo farebbe anche con una gamba sola, altro che “va bene lo stesso”: gli si spaccherebbe il cuore dall’amarezza se, pur abile e arruolato, non venisse convocato. Ma è venuto in conferenza in un momento critico, mentre la crisi già attanaglia tutto l’ambiente e vuole, anzi deve, parlare da capitano, e non si tira indietro. Quando la nave traballa e c’è pericolo che affondi, il capitano non molla, resta lì e dà l’esempio, grida all’arrembaggio e si getta per primo nella mischia. M’intenerisce quindi se dice certe cose, come questa che va bene lo stesso se non gioca, basta che il Palermo vinca. Mi intenerisce perché so quanto gli costi non giocare, non dico una partita intera ma anche solo uno spezzone. E ogni volta, infatti, che succede, lui s’infuria e prende tra le mani quella fascia, che tanto lo esalta ed altrettanto lo turba. Fino a vederla come un insopportabile feticcio, da buttar via lontano.

Aveva cominciato la conferenza stampa parlando della festa organizzata a San Donato per l’inaugurazione del suo centro sportivo e gli ridevano gli occhi, perché lui è così, agisce sempre d’istinto, specialmente negli affari di cuore. E la sua terra salentina – la sua terra natia – resta sempre un affare di cuore per un ragazzo semplice e schietto com’è rimasto lui, ad onta dei fatti e misfatti del mondo del calcio di questi ultimi (e penultimi) tempi: lui dice sempre quel che pensa e lo fa con tale semplicità da catturare comunque l’attenzione di chi l’ascolta. Amico o non. Anche perché è un conversatore nato, sa dosare i tempi della battuta, sa creare una certa suspense ma, qualunque cosa dica, pesante come un macigno o lieve come una piuma, si fa ascoltare perché, dietro, si sente tutta la sincerità dell’uomo che parla col cuore, senza trucchi e senza inganni.

E succede anche stavolta, quando si schiera apertamente dalla parte dei tifosi, additati di recente come “quelli che abbandonano troppo presto la barca che va giù”. E dice forte e chiaro che se ne sono andati 4-5 giocatori rispetto alla passata stagione ed erano giocatori importanti non solo in campo ma anche nello spogliatoio. E davano tutto e pure di più… E’ normale, quindi, che se sentono dire che questa squadra è la stessa dell’anno scorso, i tifosi si arrabbiano.

Un affondo niente male a certe dichiarazioni del presidente, col quale ha in cantiere dall’inizio dell’estate una specie di duello all’arma bianca, riguardante il rinnovo del contratto: “Non ci penso – ribadisce – e non è un  problema: della mia situazione parleremo più avanti quando saremo salvi”:
Perché un capitano, un  capitano vero come lui, una bandiera – diciamola tutta – una delle ultime rimaste ai tempi d’oggi, non si tira mai indietro: sia che debba gioire per e con i compagni, sia che debba spronarli fino all’ultimo respiro, quando l’unico obiettivo resta la salvezza.


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