L’ultima novità arriva da Trapani. Dove oggi il candidato del Pd Pietro Savona concluderà in piazza la sua campagna elettorale solitaria nelle elezioni più pazze del mondo. Al comizio ci saranno con lui un po’ di big locali dei dem. E poi ci sarà Leoluca Orlando. Una mossa che potrebbe alimentare la confusione in Enrico Mentana, colpevole di aver detto in diretta che a Palermo Orlando era il candidato del Pd, offendendo a tal punto il sindaco che questi si è rifiutato di parlare ai microfoni de La 7.
Eppure, a Trapani, in mezzo ai piddini, Orlando ci sarà. E non è un caso. L’eterno sindaco di Palermo, forte del successo alle amministrative, ha lanciato in questi giorni la sua opa sul centrosinistra siciliano. E con il tempismo e l’astuzia del politico di grande esperienza, si sta rapidamente muovendo per occupare il vuoto di leadership, un vero e proprio cratere, nella coalizione.
In questa chiave va letta la trasferta trapanese. Così come il lancio della Lista dei Territori, il nuovo torpedone elettorale che nel nome del civismo è ai nastri di partenza pronto a far salire su i pezzi a sinistra del Pd che ci staranno, un po’ di sindaci e di società civile, per giocarsi a novembre la partita della leadership coi dem anche in termini di voti.
Orlando ha acceso i motori, incassando gli applausi dei renziani, per i quali il nemico di Crocetta è un amico anche se per quattro anni e passa gli hanno tirato pietre addosso, dei Centristi, che invece con il Professore hanno un collaudato feeling, e di Sinistra Italiana, pronta a montare su la vettura orlandiana, magari insieme ai bersaniani di Articolo 1. Altri, nella frammentata galassia sinistrorsa, si sono già chiamati fuori ieri a Palermo. Ma il progetto ha un suo respiro e Orlando è pronto a investire grandi energie, per diventare il dominus dell’acefalo centrosinistra regionale. Fuori dai partiti, ma a modo suo. Cioè non disdegnando i voti di questi ultimi.
Il sindaco ha squadernato i pilastri della sua idea politica nel lungo post con cui l’altroieri ha annunciato il countdown per il lancio della sua Lista dei territori. Immancabile, nel collaudato schema retorico orlandiano, l’individuazione del nemico torbido contro cui guerreggiare. Se a Palermo lo spettro era quello di Totò Cuffaro, il cui effettivo peso elettorale s’è rivelato per quello che era (e con esso la fondatezza dell’allerta del sindaco), su scala regionale la parte dell’antagonista Orlando la riserva al “ruolo politico” confindustriale, quello che ha fagocitato poltrone e potere nei tempi d’oro ma che oggi appare per lo meno azzoppato dopo i noti scandali. La minaccia celata nell’ombra è però da sempre funzionale al copione della narrazione orlandiana. Così come la necessità di gestire la partita in prima persona, senza delegare a terzi e plasmando a propria immagine il quadro politico di riferimento. Quello che c’è da scommettere Orlando proseguirà a fare da qui alle Regionali, colmando gli enormi spazi lasciati vacanti da un Pd ingarbugliato e autodistruttivo.
Un progetto che vedrebbe in Piero Grasso, il cui sì è sempre più atteso, un elemento ideale: una figura di garanzia super partes, dotata di autorevolezza ma non di esperienza di governo. Quella che Orlando ha da offrire a iosa agli sbandati eserciti del centrosinistra, attraversati da un improvviso e ritrovato ottimismo.