La musica di Ballarò - Live Sicilia

La musica di Ballarò

Le canzoni e le note rivelano gli intimi pensieri di una popolazione. A Ballarò, per esempio.

 

Non serve entrare nelle case degli indigeni per capire che musica tira a Ballarò. Basta andare per strada e seguire gli indizi. Che sono tanti e a vista d’occhio. Anche chi è poco attento si imbatterà nei manifesti di varie dimensioni che ritraggono i cantanti più in voga. Rettangoli coloratissimi, dal gusto decisamente pacchiano, ritraggono personaggi sconosciuti al resto del mondo, ma famosissimi a Ballarò. Ragazzotti dai capelli con la frangetta che copre un occhio solo e il resto della chioma spalmato dritto fin sopra il collo. Oppure con il caschetto a filo d’orecchio, ovvero il classico taglio “a scuzzunieddu” (la nuca rasata sotto una tazza di crine con mèches) che qui va tanto di moda. Immancabili, in ogni caso, gli occhiali da sole a specchio, l’orecchino e la giacca grigia effetto acciaio, con camicia aperta sul petto – villoso o depilato che sia – impreziosito da un crocifisso d’oro scala 1:1.

La quota rosa sui poster musicali è rappresentata da signorine con frangette lisce lisce che talvolta esplodono, sul retro, in boccoli da principessa Sissi: Qui il corredo consta di orecchini a “brindolodi lampadario”, trucco “importante” e corpetto pagliettato anni ottanta. L’abbigliamento deve provenire da qualche stock. Il bustier è quasi una divisa, un must. Campeggia in due versioni: la prima, adatta alle giovanissime, multicolore stile “gioco di fuoco” e il secondo, per le signore un po’ più mature, in nero lucido, praticamente color cozza. Inutile cercare questa tonalità sul pantone: non si trova. Esiste solo a Ballarò e “fa fine”: è chic! E per dirla con una “lady” che abita dalle mie parti: “La classe non si sciacqua”.

Ma se non bastano i poster che tappezzano il quartiere, ci si può concentrare sulla musica che fuoriesce dalle automobili della zona. E non ci vuole molto, perché in certi casi il volume è così alto che si sente anche da casa con le imposte (doppio vetro-camera) rigorosamente chiuse. Dai finestrini esplodono testi in dialetto napoletano cantati con accento panormita, sulla spinta di una musica devastante come una gita a Ustica in aliscafo col mare forza 10. Con buona pace di “’O sole mio” e “O surdato nnammurato”, i classici partenopei vengono ignorati, così pure quelli siciliani (addio “Ciuri ciuri”…), in favore di melodie e parole al passo con i tempi.

Facendo vibrare il gargarozzo, questi divi neomelodici intonano storie di vita vissuta nelle quali molti giovani indigeni si riconoscono. E da qui l’enorme successo popolare. Parlano di amori contrastati, di padri che non fanno uscire di casa le figlie adolescenti, di amori negati, di passioni che diventano fuitine e di madri-bambine. Ma non manca l’“impegno sociale” sociale: si canta il peana per i carcerati, di figli di carcerati, i delinquenti, i ragazzi travolti dalla droga, insomma argomenti che chi vive in situazioni di disagio riconosce come propri e apprezza.

Certo, questi testi non rappresentano una denuncia reale alle situazioni di cui trattano, a volte esprimono un lamento che diventa quasi una sorta di ineluttabile condizione alla quale non si può far altro che rassegnarsi. Spesso, malgrado si narri la durezza e il dolore di una vita da criminale, si finisce per mitizzare il criminale stesso, un po’ eroe, un po’ vittima del destino cinico e baro, sempre e comunque sfortunato. Nulla scalfisce il successo dei divi palermitani, né Sanremo, né X Factor, né gli pseudo divi di Amici. Niente polemiche su direttori artistici, sulle canzoni orribili o che destano scandalo, su Bonolis o Baudo, sul nazional-popolare o il reality. Qui lo show tutto palermitano d.o.c.

Oltre alla musica che gira intorno, io ho pure la mia razione a domicilio: il mio dirimpettaio è il re del karaoke e spesso si esibisce per troppi intimi. Dire che lo adoro è limitativo. Puoi aver trascorso una settimana intensa, puoi aver subito stress da lavoro o da forti emozioni, ma poi arriva finalmente la domenica. La mattina ha un ritmo lento, indugi nel letto, ti crogioli nel dormiveglia… La lady del piano di sopra ha programmato come sempre la lavatrice alle cinque di mattina, la centrifuga ha scosso il tuo appartamento fino alle fondamenta, ma sei talmente stanca che anche il motorino dell’acqua ti sembra una nenia.

Intorno alle 11 mi alzo, scavalco il mio cane, Carlotta, che dorme a pancia all’aria, improvviso uno slalom con Cleo, la gatta, che fa le fusa, apro le persiane e mentre penso che la mia vita a Ballarò è bellissima… il mio dirimpettaio, attacca, ispirato, con: “Felicità… è un bicchiere di vino con un panino… la felicità!”. E la mia giornata acquista il giusto senso.


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