La parte giusta del Ponte sullo Stretto - Live Sicilia

La parte giusta del Ponte sullo Stretto

Col numero in edicola da sabato prossimo, inizia la collaborazione con “S” di Aldo Sarullo.  "Il Venditore di pensieri" non è soltanto il titolo della rubrica, ma proprio il nome che l'intellettuale siciliano ha dato al proprio lavoro. Vincitore di prestigiosi premi letterari e di un premio Rai, Sarullo è drammaturgo, regista, curatore d'immagine, spin doctor, opinionista e consigliere per gli Affari culturali della presidenza del Senato
Dal prossimo numero di "S"
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Aldo Sarullo

Aldo Sarullo

Può il ponte sullo Stretto essere un’arma contro Cosa nostra? Partiamo da una parola usata mille volte: antimafia. Svestiamola. Che c’è sotto? Troviamo una folla di significati. In prima linea troviamo l’azione dello Stato contro la criminalità organizzata; poi scorgiamo il gruppo di coloro che, nella personale attività lavorativa, operano contro la mafia diffondendo esempi e valori civili; accanto vi è il gruppone di coloro che “ci campano”, cioè di coloro che, pur divulgando concetti costruttivi delle coscienze, hanno il limite di non avere propria identità senza la mafia e di doverla di conseguenza vedere anche quando e dove non c’è; infine, come nuova antimafia, ecco la via diversa e cioè gli elementi di rottura ideologica, che conducano da contro la mafia a senza la mafia.

Esistono parole che possiamo definire assorbenti, il cui concetto, cioè, ne evoca e ne contiene uno o più altri. La parola mafia evoca e contiene la Sicilia e di conseguenza la parola Sicilia proietta l’ombra permanente della mafia. Parlare di Sicilia e tralasciare la mafia, infatti, è tanto inaccettato che è ritenuto da chi “campa” di antimafia una colpa a volte grave. Due esempi paradossali tra i tanti: il primo è quello della produzione cinematografica americana che, pochi anni fa, girava un film in provincia di Trapani e che finì sui giornali come vittima del pizzo soltanto perché tra i curiosi delle star vi era un boss locale; il secondo è quello della notizia data da un importante telegiornale che annunciò l’archiviazione, perché “rimasti ignoti gli autori del fatto”, di un’indagine giudiziaria per un omicidio “compiuto in provincia di Palermo dalla mafia”.

In Sicilia, quindi, se un boss si aggira dalle parti di una bella attrice si tratta sicuramente di estorsione e se un uomo viene ammazzato si tratta di omicidio mafioso, anche se non si sa chi sia stato ad uccidere. Due esempi tra mille di mal riposto scrupolo antimafia, cioè di messa in sicurezza della coscienza ufficiale.

La parola mafia, dunque, è assorbente di ciò che avviene in Sicilia. Il che dà a Cosa nostra molti vantaggi sia in termini di potenza che di ineluttabilità. Ma così va ancora il mondo e chi non si adegua è accusato, quanto meno, di insensibilità culturale. O peggio. Viviamo, però, sia in un tempo in cui l’attività degli inquirenti ha trovato il giusto passo ed ha assicurato alle galere i vertici criminali siciliani sia in un tempo in cui parti importanti della società hanno trovato il coraggio di schierarsi contro e resistere alle pressioni mafiose. Viviamo cioè in un tempo in cui è lecito sperare che l’obiettivo liberatorio di Falcone, Borsellino e di altri eroi civili possa essere centrato.

Veniamo al ponte, opera enorme che certamente farà gola ai criminali. Non vi è dubbio. Come non vi è dubbio che uno Stato che crede in una simile intrapresa non può arrendersi dinanzi al rischio, ma anzi deve affrontarlo e batterlo per affermare le proprie primazìa e civiltà. Ma che c’entra il ponte di Messina con l’antimafia? Come si collega alla rottura ideologica per transitare da contro la mafia a senza la mafia?

Io credo che se lo Stato e la società, oggi molto più forti che in passato, manterranno questa statura, sarà utilissima la prevalenza di un’altra parola assorbente, un’altra parola che, come sino ad oggi la mafia, evochi e contenga la parola Sicilia. Una parola che divenga la sua nuova ombra e che, di conseguenza, depotenzi l’ombra precedente costituita dalla mafia: la parola “ponte”. Quanti sapremmo descrivere l’Egitto senza le piramidi e quanti Brooklyn senza il suo ponte? Parole e immagini, quindi entità pensate, che ci relazionano con un luogo e ce ne danno il sapore prevalente. Invece il sapore prevalente della Sicilia oggi è la mafia. Ma, se domani fosse il ponte sullo Stretto a identificare la Sicilia in cui lo Stato e la società seguitino ad essere sempre più forti e protagonisti, la mafia diverrebbe sempre più piccola e la Sicilia sempre più libera. Dunque un ponte tra le due Sicilie. Quella antimafia di oggi e quella senza mafia di domani.


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