PALERMO – Il governo della Regione Siciliana, guidato da Nello Musumeci, ha deciso di impugnare la legge di Bilancio 2020 dello Stato davanti alla Consulta. “La decisione arriva dopo avere più volte richiesto la modifica dello strumento contabile, in alcune norme ritenute penalizzanti per la Regione”, spiega una nota. In particolare Palazzo d’Orleans contesta alcune disposizioni (i commi 309, 316, 661 e 875 dell’articolo 1), presenti all’interno della legge, in quanto “violano alcuni articoli della Costituzione e dello Statuto della Regione Siciliana”. Su proposta dell’assessore all’Economia, Gaetano Armao, sono finite nel mirino, in particolare, quattro norme. La prima riguarda la modifica dell’iter attraverso il quale l’Agenzia per la coesione territoriale può procede alla riclassificazione delle risorse nazionali destinate alle politiche di coesione dei cicli di programmazione 2000/2006, 2004/2013, 2014/2020 e di quelle del Fondo per lo sviluppo e la coesione: non servirà più, infatti, la “intesa” con la Regione, ma basterà averla “sentita”. Una disposizione che, per il governo regionale, presenta profili di “illegittimità costituzionale” per la mancata attuazione del principio di leale collaborazione e della rimozione degli squilibri economico-sociali e di coesione territoriale. Per lo stesso motivo viene impugnata la norma che prevede, quale soggetto per l’amministrazione dell’area Zes, un Comitato di indirizzo presieduto da un commissario straordinario del governo nazionale, al posto del presidente dell’Autorità di sistema. La precedente disposizione, invece, garantiva la compartecipazione, tra Stato e Regioni interessate, nell’individuazione dell’organo di vertice e di indirizzo, sottolineando così “l’importanza strategica delle Zes”: una direzione al vertice, quindi, “che fosse il frutto – evidenzia Palazzo d’Orleans – di una co-determinazione con la Regione richiedente l’istituzione”. Le altre norme oggetto di ricorso alla Corte costituzionale riguardano l’istituzione della sugar tax e della plastic tax, “che impongono la delocalizzazione di importanti imprese siciliane e la riduzione, solo parziale, del prelievo forzoso sulle ex Province siciliane”.
Quattro norme nel mirino
Partecipa al dibattito: commenta questo articolo