"La soluzione non è | il partito dei sindaci" - Live Sicilia

“La soluzione non è | il partito dei sindaci”

Antonello Cracolici ribatte a Orlando: "Trasformare l'Anci nel partitino di qualcuno la indebolirebbe". Rifiuti: "In Sicilia non si sono realizzati gli impianti per la differenziata perché bisognava favorire le discariche”

L'intervista
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PALERMO – “Il partito dei sindaci non è la soluzione”. Antonello Cracolici, presidente della prima commissione dell’Ars ed esponente di punta del Pd, ribatte così a Leoluca Orlando. “Trasformare l’Anci nel partitino di qualcuno – ammonisce Cracolici – la indebolirà”.

Onorevole, qui c’è un malessere manifestato da centinaia di amministratori di Comuni, che lamentano difficoltà legate anche al rapporto con la Regione. Partito o non partito, il problema c’è ? O no?

“Io penso che i sindaci siano sicuramente la punta più avanzata dell’esposizione territoriale delle classi dirigenti. In alcuni casi sono diventati una sorta di 113 sociale. C’è una situazione di crisi sociale significativa e questo sta creando un livello alto di esasperazione e frustrazione. Di più: qui chiunque si muove viene indagato. Molti amministratori sono davanti alla scelta quotidiana: è meglio fare un abuso o un reato d’omissione. Però le ricette che si propongono non sono nuove. Orlando è stato un promotore dei partiti dei sindaci vent’anni fa. Salvo non esserlo più quando non era più sindaco. Dal Patto di Villa Niscemi alla Rete dei sindaci, questa storiella è antica. È una scorciatoia che non ha mai funzionato. I partiti non possono essere solo aggregazioni del ‘contro’”.

Sì, ma Orlando sostiene che di fronte a questa emergenza istituzionale della Regione ci possa essere una risposta appunto d’emergenza.

“Noi dobbiamo uscire da questa dimensione emergenziale. Una classe politica vince se ha idee lunghe, se ha una visione, se è in grado di aggregare su una speranza, non su una protesta. Io penso che i sindaci siano una risorsa importante per far ripartire un’economia della crescita, che si basa sulla fiducia. Altro che aggregare il partito degli ‘incazzati’, serve il partito degli speranzosi. Tanto sappiamo tutti che il modello degli amministratori che ridistribuivano la ricchezza è passato. Oggi i cittadini non tollerano più sprechi”.

Lei parla del bisogno di riaccendere la speranza. Pensa che queste istituzioni regionali siano in grado di farlo?

“Io credo che le istituzioni regionali facciano parte di quella congiuntura di crisi che sta vivendo la Sicilia. Non ci può essere una classe dirigente sganciata da questa sindrome del tutti contro. La maggioranza ha avuto e ha i suoi tormenti, la minoranza non mi pare che stia meglio. Troppo facile assecondare questo quadro di grande frammentazione. Ci ha provato il Movimento 5 Stelle, ma siamo ormai al Chi l’ha visto per la sua ininfluenza. Io penso invece che la sfida sia proporre la crescita. Mi piacerebbe che i sindaci ponessero una sfida: se la Regione ha difficoltà coi fondi europei, ci pensiamo noi a programmarli”.

Ma se i Comuni non hanno una lira per fare l’ordinaria amministrazione, dove dovrebbero trovare le risorse e le professionalità per la progettazione?

“Mettiamoci d’accordo. Se vogliamo cambiare le cose dobbiamo evitare il deja vu. Io so che i Comuni hanno tante difficoltà ma dobbiamo essere in grado di fare scelte. Se dobbiamo continuare a finanziare i portali delle chiede e i marciapiedi, bene, sappiamo che è un modello che non lascia niente. Se invece nel 2017 lavoriamo per una grande Expo della Sicilia, possiamo diventare, tanto più in questo momento in cui il Mediterraneo è attraversato da minacce e terrore, un’attrattiva straordinaria. Concentriamoci su questo. L’11 aprile ho promosso una manifestazione con Fassino, e ho invitato pure Orlando, ne parlerò. Il tema sarà “Le città e la crescita”.

Insomma, lei con l’Anci vuole dialogare. Nel frattempo rischia di ritrovarsela, in Sicilia, come un partito politico…

“Trasformare l’Anci in un partito, anzi nel partitino di qualcuno, la indebolirebbe. I sindaci sono una grande risorsa e devono essere i testimonial della speranza. Stiamo affrontando in queste ore la vicenda dell’acqua. Io ho lavorato silenziosamente a Palermo per promuovere delle soluzioni e devo prendere atto che dopo due mesi sono riusciti a incartarsi. Ci sono meccanismi di diffidenze reciproche che poi pagano i cittadini”.

Sì, ma non c’è anche un problema dell’Assemblea? Sull’acqua si discute da due anni. Sulle Province finalmente ne state venendo a capo dopo un anno e mezzo. Sui rifiuti non ne parliamo nemmeno…

“L’Assemblea ha mille responsabilità, ma pensare che tutto lo risolva una legge è sbagliato. Qualcuno si è illuso che l’acqua pubblica non si paga. Così come i rifiuti, con gli Ato che sono diventati miniere di assunzioni e di costi. Questa sorta di grande irresponsabilità è figlia di una classe dirigente irresponsabile che c’è stata nel passato. Adesso dobbiamo gestire i problemi che il passato ci ha lasciato in eredità. Ma non siamo tutti uguali. Sui rifiuti diciamolo, in Sicilia non si sono realizzati gli impianti per la differenziata perché bisognava favorire le discariche”.

E lei pensa che questo accada ancora oggi? Che ancora adesso si vogliano favorire le discariche?

“Che il modello delle discariche sia attrattivo è certo. Ricordo che in Sicilia su quattro grandi discariche, tre sono sequestrate per mafia. È il più grande affare finanziario che gira attorno alla Regione. Parliamo di duecento milioni, e con margini enormi. Questi soldi servono a comprare tutto. A influenzare l’opinione pubblica, attraverso l’informazione con manovre di lobby. E poi c’è la corruzione… Sono costi che pagano i cittadini. Qualche tempo fa ricordo di un bando per la realizzazione di impianti per la differenziata. Sono state fatte persino interrogazioni parlamentari al riguardo, non ne ho viste molte sulle discariche”.

E parliamo di speranza…

“Bisogna fare uscire questa Regione dalla liturgia della protesta. Il partito di cui ha bisogno la Sicilia è quello di una speranza nuova. Spesso chi si propone in termini di cambiare tutto è perché non vuole cambiare nulla. Ma solo prendere il posto di altri. Come si dice, levati tu ca mi ci mettu io. E a proposito di Ars, mi faccia dire una cosa”.

Prego.

“Fino a oggi le leggi che avranno avuto maggiore incidenza sulla vita dei siciliani sono la legge sui diritti civili, che è all’avanguardia, e dall’altro lato, se la faremo la riforma delle province, con cui avremo chiuso una stagione. Posso dire di essere uno di quelli che ci ha messo la faccia su entrambe. Mi sarebbe piaciuto lavorare più e meglio. La fase del governo del presidente non ha aiutato. Non vorrei che qualcuno volesse passare dal governo del presidente a quello dei sindaci”.

Intanto alle porte c’è la scadenza del 30 aprile e del bilancio. Ce la farà la Sicilia?

“È chiaro che i conti sono messi male. Il punto non è che quest’anno chiuderemo il bilancio, ma il nodo è che va riformata la modalità di spesa. Alla Regione hanno comunque tagliato tre miliardi del suo bilancio e non si può certo stampare moneta falsa. Le spese ci sono. Il dramma della sanità siciliana è che per metà la paghiamo noi. Allora c’è una necessità di riformare la spesa, meglio, di uscire da una dimensione abitudinaria della spesa. Costruire la speranza significa avere il coraggio di dire che la spesa storica non è buona in sé”.

 


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