Cep, ucciso per sbaglio dallo zio| "Il carpentiere poteva salvarsi" - Live Sicilia

Cep, ucciso per sbaglio dallo zio| “Il carpentiere poteva salvarsi”

Giuseppe Lombardino, l'uomo di 61 anni arrestato dalla squadra mobile

Il 47enne morto a Palermo per gli spari indirizzati a un pusher. Fatale, in base all'autopsia, la scelta dei parenti di non chiamare il 118.

PALERMO – Svolta nel delitto di due giorni fa nella zona del Cep. La squadra mobile di Palermo ha arrestato Giuseppe Lombardino di 61 anni, si tratta dello zio della vittima, Francesco Paolo Lombardino, 47 anni, carpentiere ucciso a colpi di pistola. In base a quanto ricostruito dagli investigatori, l’uomo avrebbe colpito per sbaglio Lombardino, raggiunto dallo sparo a pochi metri dalla sua abitazione dopo una lite in cui era coinvolta una terza persona per questioni legate allo spaccio.

I poliziotti guidati da Rodolfo Ruperti hanno eseguito il fermo stanotte. Gli spari erano stati esplosi nei pressi della piazza Benvenuto Cellini, la corsa in ospedale si era rivelata inutile: Lombardino è morto in seguito ad una gravissima emorragia provocata dalla ferita alla gamba. La squadra mobile, coordinata dalla procura, ha subito avviato gli accertamenti battendo ogni pista, ma informazioni false ed omertà hanno tentato di sviare le indagini, al punto da rendere complessa anche l’individuazione del luogo in cui Lombardino è stato ucciso. Il depistaggio dei parenti sarebbe iniziato sin dai primi minuti del delitto. Invece di fare intervenire i soccorsi hanno portato il ferito direttamente in ospedale con l’auto della sorella, una Toyota Yaris, raccontando però ai poliziotti che ad accompagnare la vittima era stato un automobilista che passava per caso. Solo grazie alle telecamere gli agenti della Mobile sono riusciti a trovare il luogo del delitto, ad un chilometro dall’abitazione della vittima.

In base a quanto ricostruito, Giuseppe Lombardino, con precedenti specifici per droga, avrebbe prima aggredito un uomo, il pregiudicato per spaccio Carmelo Testagrossa, ferendolo a coltellate. Poi, nella notte tra il 26 e il 27 dicembre, la violenza avrebbe raggiunto il suo apice: Testagrossa sarebbe nuovamente stato reso di mira, sopravvivendo ad una nuova aggressione. Il nipote sarebbe dunque intervenuto nella successiva lite, per questioni relative al consumo di droga. Una “contesa” con tanto di pistola e coltello, in cui ad avere la peggio è stato proprio il 47enne, raggiunto dai colpi di pistola in realtà indirizzati a Testagrossa. Lombardino, lasciato al pronto soccorso da alcuni parenti, è poi morto all’ospedale Cervello.

Sarebbe stata proprio la decisione dei familiari a far peggiorare le condizioni dell’uomo, che in base a quanto è stato accertato dall’autopsia poteva essere salvato. Fatale per la vittima, infatti, sarebbe stata la mancata chiamata al 118. I parenti hanno deciso di trasportare direttamente Lombardino in ospedale con l’obiettivo di depistare le indagini della polizia, mettendo ancora di più a repentaglio la sua vita. Il carpentiere, secondo la ricostruzione della squadra mobile, era sceso da casa per dare la caccia, assieme ad altri parenti, a Carmelo Testagrossa, un piccolo pusher che era andato sotto casa di Giuseppe Lombardino urlando e tirando pietre e bottiglie: ventiquattro ore prima era stato ferito con due coltellate. Per quel ferimento Testagrossa non era andato in ospedale né aveva denunciato il suo aggressore. Poi quella che il capo della Mobile, Rodolfo Ruperti, ha definito “una spedizione punitiva” nei confronti di Torregrossa e che si è conclusa con il tragico epilogo. 


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