La vendetta e l'abbraccio alla vedova |Le intercettazioni incastrano Sciuto - Live Sicilia

La vendetta e l’abbraccio alla vedova |Le intercettazioni incastrano Sciuto

Cimici e telecamere davanti alla tomba di Sebastiano Fichera, il piccolo boss ammazzato nel 2008. Per la Procura a ordinare il suo omicidio fu il capomafia Biagio Sciuto.

Il murale scritto in memoria di Sebastiano Fichera

CATANIA – A San Giorgio ogni 26 agosto, dal 2009 in poi, ci sarebbe una sorta di “commemorazione” nella piazzetta dove è stato allestito un murale abusivo dedicato a Sebastiano Fichera, piccolo boss ucciso da diversi sicari sette anni fa. In quel graffito, simbolo di una Catania asservita alla mafia, secondo il sostituto procuratore Pasquale Pacifico è “consacrato” il movente dell’omicidio: “Anche se l’invidia ed il tradimento ti hanno ucciso, sei sempre qui con noi, Ianuzzo per sempre”. Il pm pronuncia la frase a voce alta davanti alla Corte d’Assise: è un passaggio della requisitoria nel processo Revenge 3 conclusa con la richiesta di condanna all’ergastolo per il padrino Biagio Sciuto, accusato di essere il mandante del delitto. “Se volevate una conferma del movente dell’omicidio messa nero su bianco – esclama Pacifico ai giudici – ce l’avete”.

“Invidia e tradimento”. Si perché secondo la ricostruzione della Procura Sebastiano Fichera fu ammazzato per ordine di Biagio Sciuto perché “u picciriddu” sarebbe diventato un personaggio scomodo alla “famiglia”. Indipendente e addirittura capace di farsi consegnare una bella somma dal politico di turno per “pagare” voti e preferenze per le elezioni del 2008. Prova di quel “regalo” sarebbero, secondo Pacifico, i 121 mila euro trovati dalla polizia durante la perquisizione a casa di Fichera dopo il suo assassinio. Il collaboratore Gaetano D’Aquino racconta nei dettagli i termini di questo accordo tra il boss ammazzato e il candidato.

Ma in questo processo non sono i “pentiti” il centro nevralgico delle prove, ma il “vasto numero di conversazioni intercettate sulla tomba di Sebastiano Fichera”. Perché dopo il delitto il fiuto investigativo porta a piazzare una cimice e una telecamera davanti alla lapide di “Ianu”. “ I familiari del Fichera – afferma il pm – erano soliti trattenersi e stare lì addirittura per alcune ore commentando la morte del proprio congiunto”. Sono le parole di Agata Aurichella a ricomporre un puzzle prima di sospetti e poi quasi di lucide certezze. “Voglio vedere la morte del capo della famiglia” si sfoga davanti alla tomba, ma la donna, come da perfetto copione della vedova di mafia, rinnega ogni frase in udienza e nel corso dell’interrogatorio si giustifica: “No, va beh, ma io era il dolore, straparlavo”.

E partono i piani di vendetta. Spietata vendetta di sangue. “Io voglio quello che ha detto sì, quello che gli ha dato l’okay, non quello che ha sparato”. Dicono i familiari davanti alla tomba. “Il riferimento dunque è chiaro – spiega Pacifico ai giudici – a coloro che nell’ambito di questa organizzazione avevano un potere decisionale. E questi chi erano? Erano Spalletta Giacomo, che viene ucciso il 14 novembre, e Biagio Sciuto, che devo dire – commenta il pm – per sua fortuna viene tratto in arresto alla fine del mese di novembre del 2008”. “Il primo che si deve mettere nella sedia elettrica è lui, Biagio” – si sente in un’altra registrazione. Insomma il carcere lo avrebbe salvato da un destino di sangue e pallottole.

Ma non sarebbe uno solo l’omicidio commesso per vendicare Iano Fichera, ma addirittura due. Una è la vendetta del clan, con l’uccisione di Giacomo Spalletta, e l’altra è la vendetta privata con “l’omicidio di Mario Mauceri, u Lentinese, colui che porta il Fichera all’appuntamento con i killer, ammazzato tra gli altri dal padre di Fichera che è imputato dinanzi alla Corte d’Assise di Siracusa”.

Ma torniamo all’omicidio Spalletta, di colui che era ritenuto dalla famiglia Fichera – come emerge dalle intercettazioni – “non solo uno dei mandanti ma anche uno dei componenti del gruppo di fuoco”. Sebastiano Lo Giudice, il boss dei boss dei Carateddi, descritto dal pm Lina Trovato l’Isis della mafia catanese, ha messo la firma sul delitto Spalletta. Meno di un’ora dopo l’omicidio si presenta davanti alla tomba di Fichera. “Quaranta minuti dopo l’omicidio di Spalletta – spiega Pacifico alla Corte – non uno qualunque, ma il capo del clan dei Carateddi, Lo Giudice Sebastiano, condannato all’ergastolo per questo omicidio, insieme al suo braccio destro, Stuppia Gianluca Antonino, si recano sulla tomba del Fichera ad avvisare Agata Aurichella che Spalletta era stato ammazzato. Quaranta minuti dopo il fatto, non quaranta giorni o quaranta ore. Quaranta minuti dopo il fatto. E qua, al di là delle scene di esultanza, in qualche modo anche un po’ macabre, si registra un commento di una delle donne che era lì presente, che rivolgendosi alla tomba del Fichera afferma: Ora c’è chi ti fa compagnia”.

 


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