“Lagalla un fantasma, Palermo a un passo dal dissesto” - Live Sicilia

“Lagalla un fantasma, Palermo a un passo dal dissesto”

Ugo Forello: “Consiglio ostaggio di una maggioranza litigiosa”
L'INTERVISTA
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PALERMO – “Palermo vive un blocco economico e finanziario senza precedenti, non c’è traccia della firma dell’accordo con lo Stato, non abbiamo approvato alcuna delibera e il risultato è che il dissesto, così proseguendo, rischia di essere inevitabile. E la colpa è del sindaco Lagalla, impalpabile come un fantasma, e della sua maggioranza che litiga su tutto: mentre la città affonda, il centrodestra pensa solo alla campagna elettorale”. Non usa mezzi termini Ugo Forello, grande oppositore di Leoluca Orlando nella scorsa sindacatura, che oggi non esita a puntare il dito contro il nuovo primo cittadino: “Siamo passati dalla padella alla brace, con gli assessori che invece di venire in consiglio si trastullano sui social”.

Perché è così duro col sindaco Lagalla?

“Nulla di personale contro il sindaco, ma è in carica da oltre due mesi e siamo ancora a zero. Nessun rapporto col nuovo consiglio comunale, nessuna decisione per uscire dal blocco della spesa e dalla crisi finanziaria-organizzativa: il 31 agosto scade il termine per l’approvazione del bilancio e non abbiamo né l’accordo con lo Stato né le delibere necessarie, come l’addizionale Irpef, le tariffe Tari o i servizi a domanda individuale. Di questo passo, l’unica cosa che potranno fare gli uffici sarà chiedere di nuovo il dissesto”.

E’ anche vero che è caduto il governo Draghi…

“Sì e a farlo cadere sono gli stessi partiti che hanno eletto Lagalla che, per inciso, è stato uno dei pochi sindaci di grandi città a non unirsi all’appello perché l’esperienza Draghi andasse avanti, proprio lui che ne avrebbe avuto più bisogno vista la situazione dei conti del Comune. Noi viviamo il peggior momento della storia recente della città, con un’economia totalmente bloccata e un’amministrazione che non può programmare praticamente nulla, né un piano di manutenzione per strade e marciapiedi, né attuare l’aumento delle ore ai dipendente part-time. Lagalla ha preferito essere titubante, anziché firmare subito l’accordo con lo Stato riservandosi la possibilità di modificarlo dopo avere ricalibrato il piano di riequilibrio. Così si sarebbero potuti sboccare i 180 milioni di euro fondamentali per chiudere i bilanci 2021/23 e 2022/24. E invece continuiamo a rimaniamo nel guado, mentre il sindaco pensa alle elezioni”.

Anche lei è candidato al Senato come capolista in +Europa, nel primo collegio…

“Sì ma io sono all’opposizione, non ho l’onere e l’onore di governare la città. Qui abbiamo assessori a tempo che sanno già che si dimetteranno una volta eletti, partiti che litigano per le commissioni e le partecipate e un sindaco incapace di fare sintesi. Ecco perché come opposizioni, tutte unite per la prima volta, dal M5s ad Azione, abbiamo firmato una nota congiunta per chiedere al sindaco, alla giunta e alla maggioranza di dire subito ai palermitani che strada vogliono intraprendere per salvare il Comune. Palermo affonda e il tempo è finito”.

Rimpiange Orlando?

“No, assolutamente no ma siamo passati dalla padella alla brace. Con Lagalla stiamo vedendo attuata la moralità gattopardesca per la quale tutto deve cambiare perché nulla cambi: il sindaco e i suoi sono ottimi venditori di fumo, nulla di più, annunciano rivoluzioni che sono solo nella loro testa. E agli assessori chiedo di venire in Aula a portare delibere e provvedimenti, anziché passare il tempo a fare post su Facebook o selfie mentre la città brucia”.

Perché ha scelto di candidarsi al Senato con +Europa?

“E’ stata una scelta naturale rispetto al momento che viviamo. Ci troviamo a scegliere fra due visioni diverse dell’Italia, dell’Europa e del mondo: da un lato la destra sovranista e nazionalista che fa delle frontiere una sorta di vessillo da difendere, dall’altro i liberal-progressisti che credono nella difesa e nell’ampliamento dei diritti fondamentali delle persone, nel superamento del concetto di frontiera e nella prospettiva della costruzione degli Stati uniti d’Europa, ossia di una comunità europea veramente coesa con una sola politica estera e valori comuni. Io non ho dubbi su cosa scegliere e ho scelto di stare dalla parte che ritengo giusta della storia che, oggi, è rappresentata da Emma Bonino, persona che ha dedicato tutta la vita politica alla difesa e alla promozione della società aperta. Ma non è solo una questione nazionale”.

In che senso?

“Che la differenza fra destra e sinistra si vede anche nel modo in cui si vuole salvare il comune di Palermo. Posto che è necessario l’aiuto dello Stato, la destra chiede solo un contributo a fondo perduto, una mancetta che ricorda molto quelle dei tempi d’oro di Berlusconi. Noi invece non chiediamo elemosine ma un contributo a destinazione vincolata, per esempio per l’aumento della capacità di riscossione, e vogliamo condizionare il contributo a una seria razionalizzazione della macchina comunale che eviti di sperperare altri 400 milioni in debiti fuori bilancio e disallineamenti con le aziende. In un momento di crisi come questo, serve responsabilità nella spesa delle risorse pubbliche e quindi un reale controllo analogo delle partecipate, altrimenti è solo una presa in giro. Partendo da questa convinzione, voglio portare a Roma l’esperienza maturata a Palermo. Cinquant’anni fa Libero Grassi, di cui lunedì celebreremo il ricordo, ebbe l’intuizione che il rapporto fra i Radicali, di cui era esponente, e la sinistra sarebbe stata la vera novità della politica italiana. Penso che il suo pensiero oggi sia più attuale che mai”.

Lei è stato candidato sindaco del M5s nel 2017, poi ne è uscito. Che effetto le fa il Movimento oggi?

“Grande tristezza. La più grande colpa del M5s è la sua inaffidabilità, a tutti i livelli: hanno imbarcato tutto e il contrario di tutto rinunciando agli insegnamenti di Dario Fo, Stefano Rodotà, alla cultura dei diritti. Il risultato è un soggetto politico inaffidabile e incapace di governare”.


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