'L'amico Armando, l'amico Lorenzo' | Arata, gli affari e i politici romani - Live Sicilia

‘L’amico Armando, l’amico Lorenzo’ | Arata, gli affari e i politici romani

Carola Rackete (foto Andrea Tuttoilmondo)

Nomi di potenti e big di partito per ammorbidire politici e burocrati. La 'manina' sul contratto di governo. E su Salvini...

“Il mio amico Armando, il mio amico Lorenzo”. Così Paolo Arata parlava di sottosegretari e leader di partito, di Siri e Cesa, di fronte ai politici siciliani. Voleva accreditarsi come un imprenditore che aveva, alle spalle, una copertura politica. In particolare quella della Lega di Matteo Salvini, ma anche di Forza Italia, il partito che in passato gli ha garantito un posto in Parlamento.

Il professore genovese puntava a grossi investimenti in Sicilia. E per questo aveva avvicinato assessori regionali come Alberto Pierobon, Girolamo Turano e Toto Cordaro, il presidente dell’Ars Micciché e anche ex ministri come Calogero Mannino. La vera partita, però, si è giocata a livello nazionale.

Arata e il contratto di governo
Ecco che la politica nazionale entra, consapevolmente o meno, nelle vicende sicule di due progetti per impianti di biometano, da portare avanti insieme al “re dell’eolico” Vito Nicastri, considerato vicino a esponenti di Cosa Nostra. E addirittura, la storia del biometano era finita, racconta Arata, nell’accordo che sta alla base dell’esistenza stessa del governo nazionale: il cosiddetto “contratto di governo” tra Lega e Cinque stelle. Una mossa utile a spegnere le proteste dei grillini siciliani. “Paolo Arata – scrivono gli inquirenti – si rivolgeva all’influente senatore della Lega Armando Siri, attuale sottosegretario di Stato, cui chiedeva che lo sviluppo delle energia da bio-masse fosse inserito nel redigendo ‘contratto di governo’, che i vertici della Lega e dei Cinque Stelle stavano definendo in vista della formazione del nuovo governo”.
E il tentativo andrà a buon fine, annotano gli investigatori, tanto che “in cambio del favore ricevuto, attivando le sue conoscenze in ambito nazionale ed internazionale, Paolo Arata si spendeva per far ottenere al Senatore Siri un incarico di governo”.
La vicenda del sottosegretario poi dimessosi è oggetto dell’inchiesta della Procura di Roma. Sarebbe stato Arata a sponsorizzare la nomina di Siri e per accreditarlo avrebbe scomodato alcune influenti amicizie. Come quella di Steve Bannon, l’ex capo stratega di Donald Trump e ideatore dell’Internazionale populista. Federico Arata, uno dei figli di Paolo, è considerato il vero artefice degli incontri fra Bannon e Salvini.
Papà Paolo, invece, avrebbe bussato alla porta dei maggiorenti del suo vecchio partito, Forza Italia, affinché qualcuno di importante del vecchio centrodestra parlasse bene di Siri. Secondo la Procura di Palermo e gli investigatori della Dia di Trapani, Paolo Arata avrebbe versato a Siri una mazzetta da 30 mila euro per inserire un emendamento nel Def. Dei soldi si parlerebbe, e pure esplicitamente, in più di un’occasione nelle intercettazioni di Arata senior trasmesse ai pubblici ministeri romani. Come certo è l’interesse del professore genovese affinché nel contratto del governo del cambiamento ci fosse la voce sul biometano che tanto interessava a se stesso e al suo socio, Vito Nicastri. E quando il contratto fu stilato i protagonisti esultarono. Nicastri sapeva che Siri era l’uomo di Arata a Roma, ma non c’è certezza che il sottosegretario fosse a conoscenza della presenza di Nicastri negli affari. L
‘eco di questa storia romana arriva fino in Sicilia.

“Il mio amico Armando”
Così come l’amicizia, appunto, tra Arata e Siri che supera i confini del rapporto personale e diventa un potenziale mezzo per “ammorbidire” i politici e i burocrati siciliani. Come racconta ad esempio il dirigente generale dell’Energia Tuccio D’Urso: “Mi parlava dei suoi rapporti con esponenti di vertice del movimento politico della Lega nelle persone dell’On. Armando Siri e del Sottosegretario Giorgetti con i quali sosteneva di essere in famigliarità al punto che qualche giorno dopo sarebbero stati suoi ospiti a cena a casa propria. Non sono in grado di dirvi se quanto riferitomi da Arata fosse reale, ma sta di fatto che lo stesso mi chiese alcuni miei biglietti da visita dicendomi che avrebbe speso favorevolmente il mio nome nei loro confronti”. Ma il tentativo non andò a segno.

“Ora parlo con Lorenzo”
Stesso copione di fronte all’assessore alle Attività produttive, Mimmo Turano. Arata “sciorinava – annotano gli inquirenti – le sue altolocate conoscenze nel mondo politico e istituzionale, rimarcando in particolare il suo rapporto di stretta amicizia con l’On. Armando Siri. Arata si diceva disponibile a presentare Siri al Turano perché insieme potessero trovare una soluzione per il rilancio commerciale dell’Aeroporto di Trapani–Birgi, questione che stava molto a cuore all’Assessore Regionale trapanese”. Così Arata diceva a Turano: “Te lo dico perché gliene ho già parlato… ha la delega ai trasporti aerei… ehh… Siri… Armando Siri… che è amico anche di Gianfranco (n.d.r. Miccichè) ma io sono… proprio siamo amici amici amici… e lui… io gli ho parlato dell’aeroporto di Trapani e lui se l’era appuntato… omissis.. Lui m’ha detto che se ne voleva occupare… vuoi che ti metta in contatto con lui?”. E ancora, “ questo Armando Siri fa le vacanze in Sicilia… lui adora la Sicilia… lui era qua quando è cascato il ponte di Genova l’ho chiamato io… […] lui viene quasi tutte le settimane a pranzo a casa mia…”. Arata aveva bisogno, scrivono gli inquirenti, che Turano caldeggiasse la sua intenzione di creare un impianto nel Trapanese, a Gallitello, accompagnandolo dal sindaco di Calatafimi.
Il faccendiere sperava anche che l’assessore intervenisse in altro modo: “… e poi se ci dai un po una mano con i due assessori sia con Cordaro che Pierobon…”. Ma l’aiuto da parte di Turano non arriverà, stando alle risultanze dell’inchiesta. Anzi, dopo un po’, Arata iniziò a considerare ostile l’assessore alle Attività produttive e si preparava a “punirlo”. Anche in questo caso, basandosi sulle proprie presunte conoscenze “romane”: “…signor Turano lo faccio dimettere io, perché, tutta la reg… tutta la regione, tutta la regione, dice: cazzo, ed io dico: mi fate passare questi, me lo fate fare, se no non vi porto l’investitore, questo che dirò oggi..omissis..Quindi, il signor Turano, o chi per lui, se ne deve stare zitto perché io del signor Turano sono andato già a parlare con Lorenzo Cesa che è il suo capo politico… che è il suo capo politico a Roma, allora c’è sempre la chiave… il signor Turano poteva prendere dei soldini, ed io i soldini li faccio dare al suo capo politico….”.

“Se ci vai come amico di Salvini…”
A volte però il riferimento al politico nazionale diventa un autogol. Come spiega lo stesso Paolo Arata, raccontando di una conversazione con l’assessore Toto Cordaro: “… mi sono sbagliato ho fatto un casino li, io pensavo fosse Udc no! Gli ho parlato bene di Cesa! E questo mi guardava male… (ride). E che cazzo ne sapevo…”. Che poi i partiti e gli uomini politici fossero davvero interessati alle vicende siciliane è un’altra questione. Anzi, per quanto riguarda in particolare il leader della Lega Matteo Salvini, gli Arata hanno le idee piuttosto chiare. Così Francesco Arata dice al padre Paolo: “Si, però che ci va come Solgesta? Se ci va come amico di Salvini è un altro conto! Pure sfruttare la Lega è un altro conto!”. E la Lega poteva già contare, stando alle parole del funzionario regionale Causarano (tra gli indagati) anche di qualche dirigente gradito, è il caso di Mario Parlavecchio: “Salviniano… Salviniano… Ma Salvini ha bisogno di appoggi qua…” dice il regionale. “Si ma non si va… non gli frega un cazzo della Sicilia, così della Lega, non gliene frega nulla”, risponde Paolo Arata.


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