PALERMO- Mario Bignone, storico capo della Sezione Catturandi di Palermo, autore di clamorosi arresti, con la sua squadra, era un poliziotto perbene e un uomo amato che sapeva amare. Non si può raccontare la sua storia senza Giovanna, la sua compagna di viaggio. E ancora oggi che rimpiangiamo Mario, che morì di malattia il 21 luglio di dieci anni fa a quarantaquattro anni, un occhio si riempie di lacrime, l’altro di ali invisibili ai distratti nella memoria di un amore che nemmeno la fine ha spezzato.
Il racconto è di Giovanna Geraci che lo sposò, in anticipo sulla data stabilita e in ospedale, poco prima dell’addio.
“Tutto comincia il nove gennaio del 2010. Mario si sente male. Subito accorrono i suoi uomini e lo portano via per i controlli. Anche la sera prima non era stato benissimo. Avevamo mangiato pollo. Lui ci andava pazzo. A Napoli, dove era stato alla Omicidi, gli avevano pure affibbiato un nomignolo affettuoso per questa sua passione gastronomica. Le cene con lui erano speciali. Curava i dettagli, accendeva una candela, rendeva tutto meraviglioso. Avevamo deciso di sposarci il diciannove giugno, in Cattedrale, lui in alta uniforme, io con un abito bianco che sembrava il vestito di una principessa. Sognavo quell’ingresso da favola”.
“Mario viene ricoverato a Villa Sofia, le notizie sono bruttissime. Subito i suoi ragazzi si attivano. Si può tentare un intervento quasi disperato al ‘Besta’ di Milano, due giorni dopo, l’undici gennaio, sì, il giorno del nostro improvviso matrimonio. Io volevo essere sua moglie, lui voleva essere mio marito. Gli dico: ‘Ci sposiamo subito?’. Mi risponde: ‘No, perché ti rovino la vita’. Non mi lascio scoraggiare: ‘Affrontiamo le cose insieme, da marito e moglie’. E aggiungo una battuta: ‘Tanto la vita me l’hai già rovinata’. Lui sorride, uno di quei suoi sorrisi che fermavano il mondo tanto erano belli e luminosi”.
“Del giorno del mio matrimonio non ho dimenticato nemmeno un frammento. Il questore Marangoni sotto casa con il bouquet. Fu molto vicino, con il capo della polizia, Manganelli. Pensavo di sposarmi in corsia, ci ritroviamo in un locale più grande, sempre a Villa Sofia. Ci sono un sacco di persone con noi. Nell’aria si percepisce l’amore. Si taglia a fette. Noi ci amiamo da impazzire. Quelli che sono lì ci vogliono tutti bene. Ci sono soltanto gli amici di Mario, non è stato possibile organizzarsi. C’è Ugo Forello, una persona meravigliosa, con i ragazzi di ‘Addiopizzo’. C’è il suo amico Maurizio Calvino, ora questore a Messina. C’è il filmino, con la torta, con i fiori. Ci sono le fedi”.
“A un certo punto, ecco mia madre con cui avevo parlato al telefono. Si ferma dietro i vetri della porta d’ingresso. Non entra, per timidezza. Mario blocca la cerimonia, va a prenderla e si abbracciano. Gli occhi di tutti sono lucidi. Mio marito, prima del sì, trova il momento per appartarsi con me e mi regala un anello. Quando l’assessore Milone, una persona squisita, che celebra la Messa arriva al momento fatidico, quello della promessa, Mario non risponde sì; risponde: ‘Per sempre’”.
“Subito dopo il matrimonio ci imbarchiamo su un aereo speciale. C’è il rischio di un tragico evento durante il volo. Con noi ci sono un medico e l’infermiere, con tutta l’attrezzatura. Io ho paura ed è normale. Mi volto e guardo Mario. Ritorna quel sorriso che non smette più di splendere”.
“Arriviamo a Milano. I miei angeli custodi hanno pensato a tutto perché io possa riposare in una camera d’albergo. Ero disposta a dormire in ospedale. La notte che precede l’intervento necessario e pericolosissimo che credevamo risolutivo e che, purtroppo, non lo è stato, dico a mio marito: ‘Io resto con te’. Lui mi guarda e mi dice: ‘Amore mio, vai in albergo a riposare. Domani mattina sono qui, ci vediamo qui, tanto dove devo andare'”.
“Di notte Mario scrive delle lettere per me, telefona ai suoi amici, saluta tutti. L’intervento va bene e cominciamo a sperare. Ma la speranza durerà poco. Ho attivato il telefonino di mio marito, un Nokia, solo dieci anni dopo per evitare che si spegnesse. Non ho aperto il suo portafogli, non ci riesco. Lui mi ha lasciato un amore che mi accompagnerà tutta la vita. Al mio matrimonio non c’era la musica, ma io l’ho sentita. E la sento ancora. Lui mi ripeteva: ‘I morti non amano, io mi risveglierò e ci incontreremo di nuovo. Te lo prometto”.
Mario Bignone muore pochi mesi dopo le sue nozze, con un’ultima benedizione alla donna che ama. Oggi, sotto una lapide sempre piena di fiori, aspetta che la sua promessa si avveri.