L'Ars decide di non decidere | Province, slittano le elezioni - Live Sicilia

L’Ars decide di non decidere | Province, slittano le elezioni

Si pensa a una nuova proroga per i commissari. Quasi tutti adesso vogliono le elezioni dirette.

La riforma flop
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PALERMO – Elezioni sì, ma non c’è fretta. La telenovela delle Province siciliane presto si potrebbe arricchire con una nuova, grottesca puntata. Un nuovo rinvio, cioè, che prolungherà quasi certamente i commissariamenti che vanno avanti già da quasi quattro anni. Su questo, in Parlamento c’è una intesa già molto ampia. Le uniche differenze sono legate alla “portata” del rinvio.

Il Partito democratico, ad esempio, che aveva apertamente dichiarato, attraverso il vicecapogruppo all’Ars Giovanni Panepinto, la volontà di “virare” verso il ritorno dell’elezione diretta di presidenti e consiglieri provinciali, oggi si è riunito per fare il punto sulla questione. Da quanto si apprende, i Dem sono orientati a chiedere un nuovo rinvio delle elezioni, previste per febbraio, non solo per la Città metropolitana di Palermo, così come già deciso dal governo, ma per tutti i Liberi consorzi. Se l’elezione del sindaco metropolitano del capoluogo, però, avverrà a settembre, per le altre ex Province, il Pd avrebbe indicato una data più vicina. In primavera. Nel frattempo, verranno “valutate” tutte le possibili scelte, compreso il ritorno al voto diretto, e si analizzeranno gli strumenti utili a evitare un eventuale rischio di impugnativa da parte di Palazzo Chigi.

Ma il problema “tecnico” è più complesso di quanto sembri. Il ritorno all’elezione diretta e di fatto alle vecchie Province, che getterebbe così nel cestino la sofferta e fallimentare riforma del governo Crocetta, finirebbe però per andare in una direzione opposta rispetto alla “legge Delrio”. Norma che, però, il presidente della Regione si è impegnato ad applicare in Sicilia, in occasione del discusso accordo con lo Stato per il riconoscimento delle entrare in Sicilia e la rinuncia, da parte della Regione, ai contenziosi con Roma.

Come farà, quindi, Crocetta a disattendere quell’impegno, preso nonostante non appartenesse al governo la potestà legislativa? O meglio, che succederà se il Parlamento sceglierà una strada diversa da quella indicata dall’accordo firmato con lo Stato?

Di sicuro c’è che la voglia di elezioni dirette cresce ogni giorno di più. All’Ars ormai esiste un fronte trasversale, dal quale sembrano discostarsi solo i deputati del Movimento cinque stelle. Lo scenario è cambiato dopo il ‘no’ al referendum costituzionale che ha salvato le Province, con la Delrio che sì ha imposto il voto di secondo livello ma alla prima applicazione, lasciando liberi gli enti di modificare gli statuti. La posizione poi espressa dal ministro per Affari regionali Enrico Costa favorevole al ritorno al voto diretto ha rianimato i fautori del suffragio popolare anche all’Ars.

Il capogruppo di Forza Italia all’Ars, Marco Falcone ha pronto un ordine del giorno per la reintroduzione del voto diretto. Il leader dell’opposizione Nello Musumeci, invece, ha anche preparato e depositato un disegno di legge che va in questa direzione: “Sulla riforma delle Province – ha detto – si prova una certa soddisfazione nel vedere oggi pronunziare agli avversari politici le stesse cose che il mio gruppo parlamentare, in solitudine, diceva tre anni fa. Ho appena depositato all’Ars – ha aggiunto – un disegno di legge da sottoporre alla valutazione dei colleghi deputati, frutto anche della esperienza maturata in prima linea in un decennio alla guida della Provincia di Catania. Nelle linee generali, ricalca la proposta che coi colleghi Ioppolo e Formica avevo presentato nel gennaio 2013, prima che la maggioranza di Crocetta si ostinasse a inseguire una folle e irragionevole riforma rivelatasi fallimentare”.

La proposta prevede: “L’elezione diretta del presidente dei Liberi Consorzi e dei sindaci delle tre Città metropolitane; l’elezione diretta – prosegue Musumeci – dei consiglieri delle nove assemblee, con una forte riduzione dei componenti (ridotti a 20 nelle province con oltre 500 mila abitanti ed a 16 in quelle minori); l’attribuzione agli enti, in aggiunta a quelle previste dalla legge regionale 9 del 1986, di ulteriori competenze, ad esempio sulla pianificazione urbanistica dei Comuni, sulla edilizia popolare al posto degli Iacp, degli uffici della Motorizzazione, delle riserve naturali, della pianificazione turistica. Se si ha davvero buona volontà, – conclude – una intesa può essere trovata in poche settimane, subito dopo la sessione di bilancio. E far tornare i siciliani a votare nel prossimo turno primaverile. Sarebbe una vittoria del buonsenso e della democrazia”.

Una richiesta che giunge pure da un palazzo diverso da quello nel quale ha sede il parlamento siciliano. Anche il senatore di Ala Giuseppe Ruvolo, ha chiesto di “ripristinare subito la legge per l’elezione diretta degli organismi delle ex Province puntando anche all’elezione diretta del Parlamento introducendo le preferenze, unico strumento della vera rappresentanza popolare”. Anche per le Province, insomma, c’è grande voglia di elezioni. Ma non adesso. Per il momento, una nuova proroga è pronta. Ancora qualche mese di incarico per le attuali guide degli enti sull’orlo del disastro. Giusto per tagliare il folle traguardo di quattro anni di commissariamento.


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