L'autonomia immeritata - Live Sicilia

L’autonomia immeritata

Cosa dobbiamo aspettarci dall'Ars caduto il baluardo del Commissario dello Stato? Tutti parlano di "maggiore responsabilità". Ma quanta ne ha dimostrata fino a oggi la Sicilia?

PALERMO – “Un ampliamento delle garanzie di autonomia”. Così nella storica sentenza della Corte Costituzionale che ha “congelato” il commissario dello Stato e il suo controllo preventivo delle leggi regionali siciliane, il redattore Sergio Mattarella, già ministro e oggi giudice costituzionale, spiega la ratio della decisione della Consulta. La Sicilia, la più autonoma tra le regioni autonome, non può avere un trattamento più restrittivo rispetto alle altre regioni. Da qui il benservito al “signor no” di piazza Principe di Camporeale, falcidiatore di finanziarie e baluardo contro abusi, eccessi, assalti alla diligenza e pasticci di ogni sorta.

L’autonomia è salva, viva l’autonomia. Eppure, a leggere i primi commenti alla sentenza, la sensazione è quella di un brivido che corre lungo la schiena. “La sentenza della Corte costituzionale assegna maggiore responsabilità a Governo e Assemblea in fase di proposizione e approvazione delle norme”, ha messo subito le mani avanti il presidente dell’Ars Giovanni Ardizzone. E “responsabilità” è stata una parola ricorrente in quasi tutti i comunicati stampa dei politici che hanno commentato la sentenza.

“Ora responsabilità”, è la parola d’ordine. Quasi ad ammettere che fino a ora di responsabilità non se n’è vista tanta. In questi anni a Sala d’Ercole si è visto approvare un po’ di tutto. Alle volte con l’impressione che i deputati votassero norme solo per imbonire gruppi di pressione e clientes, consapevoli che poi ci avrebbe pensato il “cattivo” commissario (su cui scaricare le colpe) a censurare il comma scellerato.

Adesso che il baluardo è caduto, che cosa farà l’Ars? Cosa verrà fuori dalle damascate stanze di Palazzo dei Normanni? Lo scopriremo presto. Ma il passato, recente e remoto, non ci fa ben sperare. Anzi, va detto senza mezzi termini che la vicenda del “pensionamento” del commissario istilla una certa inquietudine. E suggerisce una riflessione sul totem dell’autonomia.

Sì, un totem. E non ce ne vogliano gli autonomisti doc, convinti o meno. Perché se guardiamo alla storia della Sicilia e a ciò che oggi la regione è diventata, l’amara riflessione che scaturisce tirando le somme è che l’autonomia forse bisogna meritarsela. E la Sicilia in questi anni ha dato l’impressione di non meritarla un granché.

Fa riflettere che ci sia voluta un’iniziativa della Corte costituzionale (la questione è stata sollevata dalla Corte stessa) per capire che dopo la riforma del titolo V della Costituzione la Sicilia in questo ambito era rimasta indietro sul terreno dell’autonomia, superata anche dalle regioni a statuto ordinario. Sul tema per anni l’Ars s’è addormentata. E purtroppo non solo su questo.

I privilegi che altre regioni autonome hanno utilizzato per costruire welfare e benessere diffuso, in Sicilia sono stati declinati negli anni in una diabolica interpretazione dello stato sociale, che ha assunto le sembianze mostruose del socialismo reale, dello stipendificio di regime, dello scempio di risorse sottratte allo sviluppo per sostenere il fardello di obesi e inutili carrozzoni.

Il risultato è quello di una Regione che cammina sul filo del dissesto e che oggi è costretta a consegnarsi mani e piedi a Roma (un primo esempio lo si intravede nella vicenda delle trivelle) perché alla canna del gas. A quello stesso governo centrale, in questo il colore del medesimo ha fatto poca differenza negli ultimi anni, che da un pezzo ha dato l’impressione di abbandonare al suo destino il Sud (che a sua volta non ha fatto molto per aiutarmi). L’ultima ricerca pubblicata dallo Svimez dà un po’ il senso del fenomeno. Ma tante altre analoghe ne abbiamo lette in questi anni. Ci sarebbe da sbattere i pugni sul tavolo. Ma per farlo occorrerebbe un credito di credibilità che la Sicilia ha esaurito. Ha detto bene al suo insediamento il neo-assessore all’Economia Alessandro Baccei: “Se noi facciamo vedere che stiamo portando avanti riforme strutturali e che stiamo eliminando veri sprechi, le richieste assolutamente legittime potranno essere ascoltate al tavolo attorno al quale andremo a sederci”.

Non è la prima volta che leggiamo dichiarazioni di intenti di questo tipo. Ma non possiamo fare altro che sperare che stavolta, sull’orlo del baratro, la classe dirigente della Sicilia dia un seguito ai proclami. Riconquistando credibilità, dando prova di quel senso di “responsabilità” evocato dai più dopo la sentenza della Consulta e che fin qui non s’è visto tanto (per usare un eufemismo). Qualche precedente a cui appigliarsi in fondo ci sarebbe pure, per esempio guardando al percorso di rientro che si è portato avanti nella Sanità.

La firma in calce alla sentenza dei giudici costituzionali, quel cognome, Mattarella, ci riporta alla memoria il presidente che sognava una Sicilia “con le carte in regola”. Una Sicilia che sappia meritare, più di quanto ha fatto finora, l’autonomia. Magari riempendola finalmente di contenuti. E “responsabilità”. Nell’interesse, finalmente, non di notabili e parrocchiani, ma dei siciliani tutti.


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