“La Sicilia in questi ultimi anni ha già perso troppe occasioni: il prossimo governo regionale, indipendentemente da chi lo guiderà, dovrà fare riforme vere e ripartire dai lavoratori e dal mondo delle imprese. Non possiamo perdere altro tempo”. Lo dice Nicolò Scaglione, commissario della Cisal regionale, che a Livesicilia elenca i temi su cui la politica dovrà concentrarsi dopo le elezioni.
Partiamo dalla macchina regionale…
“Sono almeno vent’anni che la Regione aspetta una ristrutturazione vera della macchina amministrativa: manca il personale, mancano le giuste figure professionali e, quando ci sono, non sono messe nelle condizioni di poter lavorare, col risultato che i finanziamenti che arrivano restano solo sulla carta. Abbiamo più volte proposto bozze e soluzioni ai vari governi che si sono susseguiti, ma senza risposta. Tutto resta fermo”.
Musumeci ha definito i lavoratori come “fannulloni”…
“Il classico luogo comune smentito dallo stesso Musumeci che prima li ha definiti fannulloni e poi ha concesso loro il massimo della gratificazione economica possibile. Delle due l’una. Il vero problema semmai è che in molti casi manca materialmente il personale o è mal gestito e l’effetto è il blocco di ogni progetto, come dimostra il disastro dei rifiuti”.
A cosa si riferisce?
“Al fatto che manca una visione: gli impianti sono pochi e ridotti a discarica, mentre il rifiuto in altre parti del mondo è una ricchezza, da noi è solo un abnorme costo sulle spalle dei siciliani. Un esempio? Bellolampo, dove per la settima vasca ci sono voluti due anni per capire di chi era la competenza e affidare l’appalto mentre i lavori sono ancora in corso. La differenziata nelle grandi città rimane sotto il 20%, perché è facile arrivare al 70 nei piccoli centri mentre è più complicato farlo a Palermo o a Catania. Non ci sono incentivi ed eventuali progetti su termovalorizzatori e nuovi impianti non vedono mai la luce, traducendosi in costi per la collettività e ritardi nello sviluppo sociale ed economico della nostra Isola che già soffre di tanti problemi, fra tutti le infrastrutture. Abbiamo autostrade colabrodo, ponti che non sappiamo se cadono o meno, carenti infrastrutture scolastiche, ferroviarie, portuali. Ci stiamo facendo rubare la nostra posizione strategica al centro del Mediterraneo da altri porti: dell’allargamento del canale di Suez a noi sono arrivati solo i pesci del Mar Rosso, mentre le grandi navi commerciali preferiscono andare in Danimarca a scaricare le merci”.
La crisi energetica ci riguarda da vicino, possiamo contrastarla?
“La Sicilia è una di quelle regioni del Mediterraneo che per la sue condizioni climatiche potrebbe tranquillamente produrre energie rinnovabili, a basso costo, in quantità industriale. Tuttavia, ogni volta che si pensa di fare qualcosa, ci scontriamo sempre con qualche problema che altrove non sembra esserci. Abbiamo le maree, il sole, il vento e non riusciamo a sfruttarli. Basterebbe solamente iniziare a fare gli impianti”.
Le comunità energetiche funzionerebbero in Sicilia?
“Sarebbero un’ottima soluzione, ma l’esperienza insegna che in Sicilia non potrebbero funzionare. Qui la cooperazione, la gestione comunitaria, al contrario del Nord Italia, non ha mai attecchito”.
Che ne pensa del federalismo fiscale?
“Che per noi è stata solo una iattura: dieci anni fa lo abbiamo accettato perdendo 2,5 miliardi di euro l’anno, oggi col nuovo accordo sull’insularità ne avremo solo uno. La differenza va fatta fra noi e la Sardegna che, invece, ha ottenuto subito agelazioni su merci e trasporti, cosa che noi non siamo riusciti a fare”.
Gli enti locali sono in sofferenza e hanno lanciato un grido di allarme alla Regione…
“E hanno ragione. Siamo l’unica regione d’Italia in cui non è chiaro cosa sia diventata quella che una volta era la Provincia, col disastro che vediamo, e gli enti locali sono diventati il salvadanaio dello Stato che, per sanare il proprio bilancio, ha fatto tagli mostruosi alle comunità locali. In più abbiamo subito gli effetti nefasti del federalismo fiscale. Subiamo una tassazione raddoppiata perché, oltre ad avere difficoltà a incassare i tributi, dobbiamo accantonare ingenti somme per coprire sia i mancati incassi che i crediti di dubbia esigibilità. E in tutto questo i nostri governatori si sono semplicemente adeguati senza dire una parola per contrastarla”.
Cosa dovrebbe fare il nuovo governo per migliorare la situazione in Sicilia?
“Prima di tutto riformare la pubblica amministraizone che è la base fondamentale, poi investire al meglio i fondi del Pnrr destinandoli a infrastrutture e settori produttivi, trasformare il ciclo dei rifiuti in una ricchezza e spingere sull’informatizzazione che è la chiave per creare il rapporto diretto col cittadino. Sono queste le pietre miliari su cui costruire il nostro futuro”.