La candidatura di Francesco Cascio a sindaco è come la tela di Penelope. Si tesse e svanisce, secondo grandezze temporali calcolabili. Quando sembra che si materializzi in uno sfarfallio di colori forzitalioti-pidiellini, rimembrando l’essenza dell’antico spirito. Quando già senti nell’aere richeggiare i mitici versi di una stagione gloriosa: e Forza Italiaaaa, pe pe pe pe pe pe peeee!!! Quando ti pare che persino Berlusconi abbia riperso i capelli (per Berlusconi funziona così: più invecchia e più gli crescono). Quando il miraggio vira verso l’orrido, perché cominciamo a comparire – per chissà quale astrusa negromanzia – gli ectoplasmi di Carlo Scognamiglio e Irene Pivetti, allora castamente vestita come una bottiglia di Ferrarelle con i capelli. Quando, quando, quando, ecco che accade…
Arriva qualcuno con vocina professionale, tipo segnale di ritardo dei treni dall’altoparlante, e dice pressapoco: “La decisione sulla candidatura di Cascio è rimandata di altre quarantotto ore. Nel frattempo gli elettori del Pdl possono recarsi in processione sotto la grande foto di Massimo Costa sita in piazza Croci. Plin plon”.
E tu non li vedi, ma se li vedessi, li vedresti così: una teoria di indiavolati pidiellini, resistenti anti-lombardiani e passanti a vario titolo, congelati nell’atto di alzare le braccia ed esultare. Come naufraghi che abbiano appena saputo di dover patire qualche annetto in più, prima di essere salvati. Come la vecchietta che attende da sei giorni il 101 a Palermo e – sul limitare della trombosi, prima di stramazzare – realizza che forse c’è lo sciopero degli autobus. Su, su, tutti a casa e non piangete perché potreste scivolare sulle vostre stesse lacrime.
Due domande, nel complesso meccanismo della relatività, quanto durano le 48 ore del Pdl? E, soprattutto, come le impiegano coloro che reggono quel partito? Più facile rispondere alla seconda che alla prima, con esercizio di pura immaginazione. Scoma collegato con Livesicilia per cercare affannosamente un’altra parola buona di Massimo Costa che lasci uno spiraglio, onde evitare gigantesche figure di melma. Alfano che impiega residui di tempo prezioso per scovare il quid. Gli hanno spiegato che è come l’amalgama di Massimino. Ci vuole pazienza, ma alla fine salta fuori.
E Cascio? Bè, ragazzi, che ne direste di tirarlo fuori dallo stanzino buio del sottoscala e di slegarlo un po’?