Le dimissioni e l'inchiesta si allarga | Beni confiscati, ora il Palazzo trema - Live Sicilia

Le dimissioni e l’inchiesta si allarga | Beni confiscati, ora il Palazzo trema

Lo chiamiamo già terremoto, ma siamo appena all'inizio. La pentola dell'inchiesta sui beni confiscati promette clamorosi sviluppi. Ci sono altri professionisti nel mirino. E si annunciano novità.

PALERMO – Il terremoto è appena iniziato. Ci sono altri professionisti nel mirino. La storia dei presunti illeciti dietro gli incarichi assegnati al marito di Silvana Saguto è solo una piccolissima parte, quella finora trapelata, dell’inchiesta che ha portato alle dimissioni della presidente delle Misure di prevenzione del Tribunale di Palermo.

E non è nemmeno il coinvolgimento del padre e di un figlio del magistrato a testimoniare la portata di quanto sta avvenendo al Palazzo di giustizia di Palermo. Si parla di un sistema che andrebbe molto oltre i rapporti fra la Saguto e l’avvocato Gaetano Cappellano Seminara, l’amministratore giudiziario che ha scelto come coadiutore o consulente il marito della Saguto, l’ingegnere Caramma. Un rapporto che sarebbe sfociato nella corruzione come si apprende leggendo il decreto di sequestro emesso il 7 settembre dal giudice per le indagini preliminari di Caltanissetta, Maria Carmela Giannazzo, su richiesta del procuratore aggiunto Lia Sava e dei sostituti Gabriele Paci e Cristina Lucchini. Si fa riferimento allo “stabile rapporto di collaborazione professionale” tra l’avvocato e il “marito della dottoressa Saguto, al quale Cappellano ha elargito compensi di rilevante entità”.

Ieri il magistrato ha fatto un passo indietro, costretta a lasciare l’incarico dopo la bufera che l’ha travolta. Il presidente del Tribunale, Salvatore Di Vitale, l’ha sostituita con Mario Fontana anche e soprattutto per “agevolare i doverosi accertamenti in corso che potranno svolgersi in un clima di serenità idoneo a favorire più dettagliati approfondimenti”. Lo stesso Di Vitale aveva avviato, quando si insediò nel maggio scorso, “accurati accertamenti sull’attività della sezione”. I dati finora raccolti, però, come ha sottolineato il magistrato al vertice del Tribunale, “non sono arrivati nella loro completezza”.

Nulla c’entrerebbero con l’attività della polizia Tributaria della Guardia di finanza le inchieste giornalistiche che da tempo avevano acceso i riflettori sulla gestione dei beni strappati ai boss. L’input resta ignoto, ma è certo che a maggio è stato necessario mettere sotto intercettazione, d’urgenza, il telefonino di Cappellano Seminara. Pm e finanzieri hanno cercato di lavorare nell’ombra, anche quando si sono presentati nell’ufficio della Saguto e in cancelleria, tentando di non dare nell’occhio. Il blitz era inevitabile, però. Avrebbero ascoltato qualcosa che andava riscontrato subito. Anche a costo di un gesto eclatante. Tale è la perquisizione disposta da una Procura in un altro ufficio giudiziario. Colleghi “contro” colleghi. Ed è questo che offre la reale  portata dell’inchiesta. Che è trapelata solo in piccolissima parte. Gli indagati, dal canto loro, hanno cercato di reagire. Cappellano Seminara, difeso dall’avvocato Sergio Monaco, ha diffuso una nota il cui significato può essere così riassunto: Caramma veniva proposto da Cappellano Seminara ma era poi il giudice delegato, a Palermo come altrove, ad autorizzare la nomina e le seuccesive luquidazioni. La Saguto, che ha scelto Francesco Crescimanno e Roberta Pezzano come legali, ha detto di volere essere interrogata subito dai colleghi di Caltanissetta.

Non c’è fretta, pero. Un investigatore “gioca” con i numeri  quando dice che “finora si conosce solo il 5 per cento, non di più di quello che c’è sotto”. Si indaga su altri professionisti che avrebbero partecipato alle “ipotesi di corruttela”, come vengono definite, che si si sono annidate nel settore della gestione dei beni confiscati alla mafia. Finora sappiamo che oltre a Cappellano e alla Saguto sono iscritti nel registro degli indagati anche l’anziano padre del magistrato e uno dei figli. Per la cronaca, quando sono andati a casa dell’ex presidente gli uomini guidati dal colonnello Mazzotta si sono portati via un set di coltelli e una tesi di laurea. Particolari insoliti: il primo casuale (il possesso dei coltelli doveva essere denunciato), il secondo no visto che i finanzieri hanno un’idea precisa sulla laurea. O meglio, della festa di laurea che sarebbe stata organizzata attraverso un docente universitario, anche lui nel giro degli incarichi. Inquietante è la presenza fra gli indagati del padre apparentemente fuori da ogni ruolo e slegato dal contesto. C’è chi azzarda a dire che la sua sia una figura centrale nel presunto sistema della corruzione.

L’inchiesta prende in esame diversi anni di gestione delle Misure di prevenzione. La Saguto è stata prima membro del collegio, poi dal 2010 ne è divenuta presidente. Se malaffare c’è stato, bisogna chiedersi – e se lo chiede chi indaga – perché nulla è stato fatto prima dell’arrivo dei finanzieri in Tribunale. Prima che la gestione di alcune amministrazioni giudiziarie, non solo a Palermo ma anche ad Agrigento, Caltanissetta e Trapani, finisse nel mirino.


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