PALERMO – I malumori venuti allo scoperto nella Lega palermitana sarebbero soltanto la punta di un iceberg. Il livello regionale del Carroccio non sarebbe immune alle scosse di assestamento del vertice palermitano tenuto dal segretario nazionale Matteo Salvini la scorsa settimana.
Cambio al vertice
Il diktat sulle dimissioni dei segretari territoriali del partito in caso di corsa all’Ars lascia non pochi strascichi nell’isola, a tutte le latitudini. Il primo ordigno è deflagrato in zona palermitana con Vincenzo Figuccia che dovrà passare la mano e i colleghi di partito Caronia e Gelarda che mandano una nota che qualche commentatore attento potrebbe leggere come un ben servito indirizzato al deputato regionale. La sostituzione è stata sì sollecitata, ma ringraziare Figuccia per il lavoro svolto equivale a parlare di una pratica già chiusa. Così si vocifera nelle stanze palermitane.
Chi dovrà lasciare
Il fatto che il segretario regionale Nino MInardo abbia sottolineato che lo stesso dovrà valere in tutte e nove le province, fa il resto. Svariati i commissari provinciali del Carroccio che secondo il metodo individuato da Salvini dovrebbero cedere il passo. A Catania l’ex assessore Alessandro Porto (commissario provinciale) e Anastasio Carrà (commissario provinciale territoriale), a Caltanissetta Oscar Aiello, Marico Hopps a Trapani, Vincenzo Vinciullo a Siracusa e il capogruppo all’Ars Antonio Catalfamo a Messina. Insomma, una mattanza metaforica. Il nodo è tutto politico e collegato a doppio filo con la compilazione delle liste. Salvini lo sa e si mette al riparo.
L’affaire “simbolo”
E, in vista della doppia tornata elettorale (amministrative-regionali), a tenere banco in casa leghista è anche l’affaire simbolo. Dell’opportunità di correre in terra sicula con il vessillo di Alberto da Giussano avrebbero parlato per diverso tempo il deputato regionale Luca Sammartino e il leader nazionale Matteo Salvini la scorsa settimana a Palermo. Il golden boy catanese si sarebbe fatto portavoce di un’esigenza condivisa con altri colleghi transitati di recente nella Lega: Marianna Caronia, Carmelo Pullara e Giovanni Cafeo. I deputati sarebbero, a detta dei beneinformati, preoccupati per lo scarso appeal che il logo leghista riscuoterebbe nel loro elettorato di riferimento. La matassa però non sarebbe facile da sbrogliare soprattutto con le politiche praticamente a ridosso delle regionali.
Sindaco di Palermo: le posizioni in campo
Un altro pomo della discordia è la poltrona di sindaco di Palermo che vedrebbe in campo due schieramenti che, nei fatti, riflettono la vecchia e la nuova guardia leghista: da un lato il segretario Nino Minardo disponibile a cedere lo scranno palermitana alla meloniana Carolina Varchi e quella messinese all’azzurra Matilde Siracusano in cambio della candidatura alla presidenza (sebbene ufficialmente mai richiesta), dall’altro il gruppo che fa riferimento a Luca Sammartino e al vice segretario Anastasio Carrà che nel capoluogo siciliano punterebbe su Roberto Lagalla (uno schema corroborato dall’intesa romana che sembra sempre più cementata tra Lega e Udc).
Pagano perplesso?
Ipotesi reali o voci di corridoio? Chissà. A conti fatti, nella guerra fredda tra i vertici della Lega ci sarebbe pure un terzo “litigante” che in questo caso però non gode: il deputato nazionale e vice capogruppo alla Camera Alessandro Pagano che secondo qualcuno davanti alla possibilità di Minardo governatore in privato storce il naso ricordando sottovoce, ma non troppo, che poiché lui nel Carroccio milita da sette anni (un’era geologica rispetto al segretario regionale) se la presidenza dovesse andare alla Lega forse dovrebbe spettargli il ruolo di frontman. Insomma, siamo appena all’inizio.