L'epocale accordo Stato-Regione? | Una "toppa" sui tagli alla Sicilia - Live Sicilia

L’epocale accordo Stato-Regione? | Una “toppa” sui tagli alla Sicilia

Per la Corte dei conti quell'intesa non fa che "mitigare" gli effetti dei prelievi di Roma nei confronti dell'Isola.

La rinuncia ai contenziosi
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PALERMO – Quell’intesa? È cosa buona e giusta. Ma mentre lo Stato con una mano assicura nuove entrate alla Sicilia, con l’altra le toglie. Si può sintetizzare così il giudizio delle Sezioni riunite della Corte dei conti sull’”epocale” accordo tra il governo regionale e quello nazionale sottoscritto da Crocetta il 20 giugno scorso. Un accordo che passa attraverso la revisione dello Statuto siciliano in tema, appunto, di entrate. E che destina all’Isola “strutturalmente” circa un miliardo e mezzo l’anno. Ma la Regione dovrà rispettare alcuni, strettissimi paletti.

Eppure, quell’accordo era stato definito “storico” da tutti. Nel racconto dei primi sponsor, dall’assessore all’Economia Alessandro Baccei, passando proprio dal governatore Crocetta, ecco la storia di una conquista eccezionale, di un “affarone”.

In realtà, i magistrati contabili, nell’ultima relazione sul Documento di economia e finanza regionale, pur giudicando positivo il fatto che Regione e Stato siano giunti a una intesa “pattizia”, così come più volte auspicato dalla stesa Corte, hanno ridimensionato, e di molto, la portata di quell’accordo. In pratica, a fronte di quelle somme garantite alla Sicilia, lo Stato centrale ha chiesto all’Isola tante rinunce, sia dal punto di vista economico che “amministrativo”.

“Da parte della Regione, – si legge infatti nella relazione – l’accordo ha comportato: l’impegno alla rinuncia agli effetti dei contenziosi avanti la Corte costituzionale e, segnatamente, di quelli relativi alla sentenza numero 65 del 2015; il conseguimento di un saldo positivo di 227.879.000 migliaia di euro per il 2016, di 577.512.000 migliaia di euro per il 2017 e del pareggio di bilancio nel 2018; riduzioni di spesa dal 2017 al 2020 non inferiori al 3 per cento (con esclusioni di alcune categorie di spesa); il recepimento di plessi normativi statali in alcuni ambiti amministrativi; una serie di interventi di riorganizzazione amministrativa”.

E tra i “plessi amministrativi” da recepire c’è, tra gli altri, la riforma Delrio sulle Province. Un recepimento che arriverebbe a tre anni dall’annuncio di Crocetta di abolizione dell’ente, dopo una sfilza di norme scritte, impugnate e riscritte, oltre ovviamente a un lunghissimo e dannoso periodo di commissariamenti selvaggi. E ancora, tra le altre norme da recepire, anche la “Madia” sulla pubblica amministrazione, recentemente “bocciata” dalla Consulta.

Solo se rispetterà quelle condizioni, la Sicilia potrà ottenere, oltre a 1,4 miliardi per il 2016 (questi già previsti), la stessa cifra per il 2017 e quasi 1,7 miliardi dal 2018. Ma quei soldi concessi dallo Stato – a caro prezzo come abbiamo visto – comunque, entrano strutturalmente nel bilancio della Regione. Un fatto positivo, certamente. A patto di non far passare per buono il messaggio veicolato dal governatore. Perché la storia va raccontata per intero. E la Corte dei conti lo fa, smontando un po’ la “portata” di quell’intesa.

“L’attribuzione di risorse ulteriori rispetto a quelle riconosciute alla Regione siciliana nell’esercizio 2015- scrive infatti la Corte dei conti – tuttavia, interviene solamente a mitigare i pesanti effetti recati dalle disposizioni relative alla compartecipazione della Regione al risanamento della finanza pubblica, che ammontano, per gli esercizi 2017-2019, rispettivamente a 1,445 – 1,510 – 1,206 milioni di euro”. Insomma, con una mano lo Stato concede, ma con l’altra toglie. È questo, per farla breve, l’epocale accordo firmato a giugno da Crocetta.


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