L'estate degli anziani | in una casa vuota - Live Sicilia

L’estate degli anziani | in una casa vuota

Un esercito fragile armato di farmaci e raccomandazioni.

Garofalo all'occhiello
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4 min di lettura

Bianca Maria ha un cappello di paglia fiorato, a larghe falde, grandi occhiali da sole e una borsa capiente a tracolla. Accanto a lei, seduta in modo scomposto, in questo traghetto partito da poco per Favignana, c’è sua figlia Federica, croce e delizia, vera appendice umana di un dispositivo elettronico dal quale non riesce neanche per un attimo a staccare le dita. Bianca Maria in un solo trolley è riuscita a infilare tutto il necessario per due donne in vacanza; si tratta di pochi giorni, non è molta roba, è vero, ma è stata brava lo stesso.

Adesso prende il suo cellulare, ha il volto pensieroso. Pochi fonemi a bassa voce: “Lorina, come va? È andata di corpo?”, si rasserena: “…sia lodato il cielo!” All’altro capo del telefono, Lorina sta accanto a Concetta, la madre di Bianca Maria, in un grande appartamento della Palermo alta, che potrebbe essere ugualmente della Palermo bassa, e anche della Palermo così così. Concetta fa parte di un esercito di migliaia – si, migliaia! – di persone sole, avanti negli anni, in rappresentanza di un’umanità che in questa estate torrida non lascia la città. Grandi case, quasi vuote; enormi saloni dai mobili pregiati, perfettamente addobbati, offerti alla vista degli occhi di nessuno. Case santuario.

Quanto tempo è passato! L’acquisto di casa, negli anni settanta e ottanta, rispondeva a un progetto diverso e impossibile: gli ambienti grandi sarebbero serviti ad accogliere tante persone, figli, nipoti, nipoti dei nipoti. Le feste e le ricorrenze sarebbero state sempre le occasioni di ritrovo e di vita; l’estate sarebbe dovuta essere il festival dei gelati e del “gelo di mellone”, fatto da nonna. Non è stato proprio così, ma nessuno lo aveva previsto.

Adesso sono casermoni vuoti, in vuoti palazzoni, separati da strade vuote, in pomeriggi da quaranta all’ombra. Dove sono finiti tutti? Concetta non sa più che ore sono, figuriamoci se può riferire la data di oggi, o in che stagione siamo, benché il caldo soffocante lo avverta tutto. Già, il caldo. Se non ci si difende bene può persino uccidere; Concetta non sarebbe mai in grado di difendersi da sola. Ma il fronte di guerra è fatto di gente fragile come lei, armata di cento farmaci e mille raccomandazioni, sotto gli occhi attenti – e non sempre! – di accompagnatrici straniere, dai nomi difficili da pronunciare e impossibili da ricordare, per persone come lei.

Spesso non basta; adesso Concetta, nella stagione più calda dell’anno, nella stagione più dura della sua vita, rischia di morire. Bianca Maria è una brava figlia; non fa certo mancare la sua presenza accanto alla mamma, ma non basta mai. Gode dei benefici della “centoquattro”, che usa con attenzione e premura, per le code dal medico, le file per i pannoloni, la farmacia, l’attesa dello specialista,… Eppure sente che non va, una sola legge non può bastare; comprende che, per mamma, è la figura indispensabile della badante, affettuosa e premurosa, a impersonare il surrogato di una figlia davvero costantemente presente, ciò che lei non potrebbe mai essere, per via del lavoro, la palestra, l’inglese, le ripetizioni di Federica.

Si rammarica fino al disgusto, pensando che la sua felicità debba passare dal sapere che oggi, finalmente, sua mamma è andata di corpo! Bianca Maria sta concedendosi, giustamente, qualche giorno di mare, ma ha un trolley pieno zeppo di sensi di colpa. Pensa a quanto sia ingiusto tutto questo. Pensa alla sua vita, a quella di Concetta, a quella di Federica, l’appendice dell’i-phone. Un giorno anche a lei, forse, toccherà fronteggiare, istupidita, una faccia straniera, sorridente ma sconosciuta; un giorno Federica dovrà preoccuparsi delle sue notti insonni ad agitarsi, e dei giorni interminabili, a sonnecchiare. E del suo alvo stitico.

Davvero non può che andare così? Vite sfilacciate. Quella di Concetta, senza un futuro desiderabile. Quella sua, rivolta ad obiettivi distanti e separati da quelli di mamma. Per un attimo, ma solo un attimo, pensa anche a colui dal quale vive separata da anni, anche lui proiettato in direzioni sconosciute. E Federica, con mete misteriose e difficili persino da costruire. Soli, come fili d’erba. Ognuno con un proprio futuro, isolato e unico, scollegato dagli altri. Sconnessi, nell’epoca delle connessioni agevolate. È così che si vive? Il traghetto si avvicina all’isola; davanti si prospetta uno scenario bellissimo. Si vede il porticciolo, qualcuno si affretta già per l’ormeggio. “Vieni qui, Fede, guarda che bello!”, la ragazzina svogliatamente guarda un attimo attraverso l’oblò, appannato di salsedine. “Stiamo arrivando! E staccati da quel cellulare, dai!” Per un attimo i brutti pensieri sembrano allontanarsi. Sarà per l’odore del mare, che qui è ancora più intenso, sarà per lo spettacolo del bacio fra mare e terra, dai colori così vividi. “Scendiamo, su. Dammi la mano”.  Non staccarla mai più, ti prego. Ho bisogno di te.


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