I politici sfilano in Procura | Il Tribunale come l'Ars - Live Sicilia

I politici sfilano in Procura | Il Tribunale come l’Ars

Pippo Currenti davanti agli uffici dei magistrati

I POLITICI IN PROCURA. Cronaca di una giornata speciale. Tutti in fila per essere ascoltati dai pm che seguono l'inchiesta che ha scosso la Regione. Per l'ex presidente di Sala d'Ercole, Francesco Cascio, spunta l'ipotesi di corruzione.

PALERMO – Quando scoccano le cinque del pomeriggio, il tribunale di Palermo somiglia a un piccolo Palazzo dei Normanni. Il silenzio delle sale, dei corridoi deserti del Palazzo di giustizia è rotto, di tanto in tanto, dal tocco di suole illustri. Sfilano in tanti. Verso le stanze dei pm, distribuite su tutti i piani dell’edificio. C’è un ex presidente della Regione come Lino Leanza, l’ex presidente dell’Assemblea regionale Francesco Cascio, il presidente della commissione Bilancio all’Ars Nino Dina. E ancora, ecco spuntare Gaspare Vitrano che arriva con qualche foglio in mano e chiede: “Quanti miei ex colleghi sono già arrivati?”. I pm di quella stessa Procura pochi mesi fa avevano indagato proprio sul politico di Misilmeri, beccato con una presunta mazzetta nel centro di Palermo. Ma in tribunale ecco spuntare anche l’ex consigliere comunale del Pd Salvo Alotta e il deputato regionale de La Destra Pippo Currenti. Quest’ultimo appare, tra i politici, quello maggiormente a disagio. È arrivato stamattina direttamente da Giardini Naxos. Non risponde ai cronisti. Anzi, sembra non avere alcuna voglia di parlare. Nonostante i suoi legali Roberto Tricoli e Luigi Miceli assicurino: “La posizione del nostro assistito è assolutamente marginale. Verrà contestata una semplice turbativa d’asta”. Currenti osserva. Quasi spaesato. Per lui, raccontano, è la prima volta in un tribunale.

Il primo ad arrivare, però, è Francesco Cascio. Sono da poco passate le 15,30. E’ accompagnato dall’avvocato Enrico Sanseverino. Resterà nella stanza del pm Gaetano Paci per oltre due ore. Prima di entrare, la soddisfazione “per essere stato contattato immediatamente, in modo da poter chiarire – dice – la situazione al più presto, nell’interesse mio e della giustizia”. Cascio ha iniziato l’interrogatorio con la certezza di essere indagato per violazione della legge sul finanziamento dei partiti ed è uscito dalla stanza del pubblico ministero Gaetano Paci con una nuova contestazione. Ben più grave. L’ipotesi di reato al vaglio della Procura nei suoi confronti è quella di corruzione. “Ipotesi, appunto – spiega il legale dell’ex presidente dell’Ars -. Dietro un mio esplicito invito rivolto ai pubblici ministeri di conoscere quale contropartita illecita l’onorevole Cascio avesse ottenuto in virtù della presunta corruzione – aggiunge Sanseverino – mi è stato detto che questa contropartita non c’è”. Gli investigatori si sono concentrati su un viaggio negli Stati Uniti, in occasione di un Capodanno, di Cascio e Giacchetto in compagnia delle rispettive mogli. Viaggio che risulta essere stato pagato da Giacchetto. Circostanza che il politico ha confermato spiegando che, durante la vacanza, è stato lui a sostenere diverse spese. Ad esempio quelle per le cene. E che una volta rientrati a Palermo avrebbe chiesto a Giacchetto di dividere il costo del viaggio.

Niente da fare, Giacchetto in nome dell’amicizia che lo lega a Cascio, avrebbe scelto di pagare lui. Amicizia, per altro, non solo non rinnegata oggi, ma confermata con forza dall’ex presidente dell’Ars. Altra contestazione riguarda tre soggiorni di Cascio, a spese di Giacchetto, presso l’hotel Boscolo di Roma per una cifra complessiva di 1.200 euro. Cascio ha spiegato che ogni qualvolta capitava, per trasferte last minute, di non trovare posti liberi negli alberghi della Capitale sapeva di poter contare sui Giacchetto. Non chissà per quali dietrologie o interessi illeciti, ma soltanto perché era a conoscenza che il manager prenotava e pagava, vuoto per pieno e per tutto l’anno, una camera per evitare di restare senza. Alla fine dell’incontro, in effetti Cascio appare comprensibilmente stanco. Ma non preoccupato più del normale: “Sono convinto – ha detto dopo l’interrogatorio – di aver chiarito tutti i dubbi e di aver dato un contributo alle indagini. Sono sereno, mi è stato contestato solo il reato di finanziamento illecito ai partiti. Nessuna escort, per intenderci”.

Poi, ecco il riferimento al manager Fausto Giacchetto, attorno a cui sta ruotando l’intera inchiesta: “Fausto lo conosco da vent’anni. Con lui – ha spiegato Cascio – ho un rapporto di amicizia fraterna che non rinnegherò mai. Soprattutto in un momento come questo, in cui Giacchetto sta affrontando una fase molto difficile”. Cascio esce dal Palazzo di giustizia mentre arriva Gaspare Vitrano. E in pochi minuti c’è la rappresentazione plastica di come il “sistema” (certamente di relazioni e amicizie, i giudici spiegheranno se c’è anche l’illecito) sia davvero trasversale. Le parole spese da Cascio per Giacchetto, infatti, sono quasi identiche a quelle scelte da Vitrano per un altro dei “protagonisti” dell’inchiesta: “Conosco Francesco Riggio da quando militavamo insieme nei movimenti giovanili. Stamattina ho letto che è finito in carcere. Sono molto sorpreso e dispiaciuto”.

Un amico, Riggio per Vitrano. Oltre che un collega di partito. Il Pd, in questo caso. Che ha candidato Riggio alle ultime elezioni regionali. E Vitrano, pare, abbia fatto il tifo per lui. Ma questa è “pura” politica. Oggi in tribunale Vitrano, accompagnato dall’avvocato Vincenzo Lo Re, è stato chiamato a rispondere di finanziamento illecito ai partiti. “Qua ci sono le fatture – dice il politico sventolando alcuni fogli – le farò vedere ai procuratori e chiariremo tutto”. Il “peso” dei personaggi in causa può persino essere quantificato. Alle elezioni regionali del 2008, quelle finite sotto la lente d’ingrandimento dei pm, infatti, i due deputati sono stati tra i più “votati”. Insieme, hanno portato a casa quasi 35 mila voti (quasi 22 mila Cascio, oltre 13 mila Vitrano). Ma oggi al Palazzo di giustizia, come detto, ecco sfilare altri big. C’è Lino Leanza, che fu presidente della Regione. Lui ha deciso di avvalersi della facoltà di non rispondere.

Il suo legale Nino Caleca fa sapere che alla base del silenzio di Leanza c’è il semplice fatto che il deputato oggi di Articolo 4 non ricorda i fatti che gli vengono contestati. Ostenta sicurezza Nino Dina, oggi presidente della Commissione bilancio all’Ars. “Sono estremamente sereno – dice, accompagnato dal suo legale, l’avvocato Marcello Montalbano – rispetto alla eco che l’indagine sulle spese elettorali sta avendo, atteso il coinvolgimento di politici, burocrati e uomini delle istituzioni. Ribadisco la mia totale estraneità e sono fiducioso sul buon esito delle indagini che gli organi preposti stanno conducendo. Non ho ricevuto – ha concluso – alcunché da Giacchetto nè tanto meno ho profittato del mio ruolo pubblico per favori e utilità”. Alotta decide invece di non rispondere ai cronisti. Currenti di non rispondere e basta. È spaesato. È la prima volta, per lui, in tribunale. Un tribunale che eppure somiglia un po’, questo pomeriggio, e lo stesso sarà nei prossimi giorni, a un piccolo Palazzo dei Normanni.


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