Promesse e favori presunti | Ecco la poverissima Sicilia - Live Sicilia

Promesse e favori presunti | Ecco la poverissima Sicilia

Dall'inchiesta di Termini Imerese emerge uno spaccato che racconta una sola cosa: la miseria.

L'inchiesta su Caputo
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Nella descrizione del presunto, salta fuori il profilo di un tragico verosimile. Nella nota indagine sul voto di scambio corredata dalla necessaria presunzione di innocenza, spunta una descrizione – non sappiamo se vera – che apparirebbe comunque profetica, perfino nella sua evocazione immaginaria. Così risplende, all’apice delle sue consunzioni, il volto di una Sicilia crocifissa a se stessa.

Quali sarebbero state le ‘promesse’, tutte da confermare, richiamate dalle intercettazioni che si riferiscono all’inchiesta? Eccole, svirgolate a filo di cronaca in uno dei pezzi di giornata: “Posti di lavori in un supermercato, o come commessa, o nella ditta che faceva le pulizie all’ospedale di Termini Imerese o come educatrice, l’iscrizione al corso di laurea rumeno in medicina a Enna e quella a un corso per operatori socio sanitari, un aiuto per ottenere le licenze per una nuova attività commerciale, il trasferimento della sede di lavoro (gli interessati lavoravano all’Asp e in una banca), la raccomandazione per accedere al corso di laurea in scienze infermieristiche, l’assunzione in una ditta di vigilanza privata, un posto di lavoro con uno stipendio superiore a trecento euro”.

Ed è proprio qui, sul fondale del presunto, che si staglia la tragedia del verosimile. Perché possiamo credere a tanta miseria, ci viene naturale, prescindendo dal pronunciamento giudiziario, come indicazione sociologica e di mercato. Si tratterebbe di elemosine, di spiccioli per una mano tesa, di strapuntini, di cioccolatini alla liquirizia elargiti lì dove occorrerebbero bistecche, di gocce d’acqua regalate al deserto e alla sua sabbia.

Una suggestione che descrive, per statistica e ipotesi, il tetro andazzo dei tempi. Siamo disperati. Siamo mendicanti vocati all’ultima battaglia da combattere: la scelta dell’angolo della chiesa. Siamo – nemmeno coloro che materialmente stanno bene si salvano – tutti coinvolti e per nulla assolti dalla povertà che tracima e che racconta il tramonto delle prospettive e l’insediamento perenne delle necessità.

E ricchi non siamo mai stati, certo. Ma ci furono ben altre promesse e ben altri scambi, veri o presunti che fossero. Ci furono posti fissi, rendite di posizione, sicurezze dorate. Il cartellino del prezzo, per quanto moralmente discutibile, coltivava un’altra misura di indegnità. Il cinismo di ieri era più elegante dell’umiltà con cui siamo costretti a piegarci.

Sicilia poverissima e dannata, tra brogliacci, voci e scrittura. Sicilia terra della fame, della sete e della speranza latitante in un covo inesplorato. Ci vorranno decenni – a cominciare da subito, ammesso che l’impresa riesca – per edificare un orizzonte libero dalla schiavitù del bisogno. Noi, comunque, non lo vedremo.

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