L'incidente e l'esperto di edilizia |Crisafulli, perizia choc del Ctu - Live Sicilia

L’incidente e l’esperto di edilizia |Crisafulli, perizia choc del Ctu

È possibile non fermarsi allo stop e causare un incidente mortale? Sì, se c'è “scarsa visibilità”.

MORIRE A 25 ANNI
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CATANIA – Non si è fermata allo stop e così avrebbe causato l’incidente mortale che è costato la vita a Domenico Crisafulli, 25 anni, padre di due bimbi; adesso per lei, 40enne catanese, è arrivata la richiesta di archiviazione. Alla base della scelta della Procura, c’è la consulenza redatta da un ingegnere catanese che, come emerge dal sito dell’Ordine, risulta essere “specializzato nel settore edile” ma, secondo quanto abbiamo verificato, è stato impegnato come Ctu anche in altri delicati incidenti avvenuti a Catania. L’esperto della Procura, attaccato dal tecnico della famiglia Crisafulli, Mauro trombetta, sostiene che la donna non si sarebbe fermata allo stop “per scarse condizioni di visibilità”. La famiglia di Domenico Criusafulli chiede giustizia, il padre Pietro è pronto a dare battaglia, affiancato dal legale Giuseppe Incardona, nell’udienza di opposizione alla richiesta di archiviazione.

L’INCIDENTE – La notte del sei marzo 2017 Domenico Crisafulli è a bordo del suo scooter all’altezza della clinica Morgagni quando si scontra con un’auto che non si è fermata allo Stop e ha invaso la carreggiata. Il giovane muore sul colpo e lascia due bambini.

LA TESI CHOC – Secondo l’ingegnere specializzato nel settore edile nominato dalla Procura, il mancato arresto dietro la linea di Stop, si sarebbe verificato “probabilmente a causa della scarsa visibilità dovuta alla presenza dell’autovettura parcheggiata a ridosso dell’incrocio, e alla lontananza del ciclomotore che, al momento in cui la donna attraversava lo Stop, si trovava ad una distanza sicuramente maggiore di 28 metri”.

Per confermare la sua tesi, il consulente della Procura analizza i filmati di video sorveglianza, dai quali si evince che la donna, appunto, non si è fermata allo Stop. “Dalla sequenza filmata si vede chiaramente che la signora Conti – scrive il consulente – in prossimità della linea di arresto di Stop, ha rallentato senza però arrestarsi del tutto”. Secondo l’esperto di edilizia non esisterebbe un nesso di causalità tra il mancato arresto allo Stop e il decesso del giovane in seguito all’impatto. Una tesi che – come sottolinea la famiglia Crisafulli – va contro ogni logica e non tiene conto di quanto stabilito dal codice della strada.

LA TESI DIFENSIVA – Mauro Trombetta, consulente della famiglia Crisafulli, esaminando il video registrato dalle telecamere di sorveglianza della clinica Morgagni e i rilievi effettuati dalla polizia municipale, ha concluso che la donna, non fermandosi allo stop “si è resa l’unica responsabile” dell’incidente mortale, causando “elementi che, per la vittima, sono risultati di assoluta pericolosità, imprevedibilità e, quindi, impossibili da eludere”.

Proprio il mancato arresto allo Stop, confermato dai filmati e – paradossalmente – anche dalla consulenza del Pm, rappresenta, secondo la famiglia Crisafulli, il nesso di causalità con l’incidente mortale: se, infatti, la donna si fosse fermata allo Stop, il giovane non sarebbe deceduto. L’ingegnere edile che è intervenuto sul posto dopo l’incidente, avrebbe, secondo il consulente della difesa, “disatteso integralmente” quanto stabilito dal codice della strada, che all’articolo 145 afferma: “I conducenti sono tenuti a fermarsi in corrispondenza della striscia d’arresto, prima di immettersi nella intersezione”.

LA SIMULAZIONE – La famiglia Crisafulli ha anche riprodotto la scena dell’incidente locando la stessa autovettura che era parcheggiata sulle strisce, documentando che il faro di un ciclomotore in arrivo è visibile anche a più di 30 metri di distanza. Su queste basi verrebbe smentita la seconda ipotesi del consulente del Pm, secondo il quale la donna non si sarebbe fermata “a causa della scarsa visibilità”. Il consulente della Procura sostiene che il giovane viaggiava tra i 70 e gli 80 chilometri, ma Mauro Trombetta, ribatte: facendo i calcoli correttamente la velocità non superava i 50 chilometri orari.

IL PADRE – Pietro Crisafulli è addolorato: “Confido nella giustizia e spero di far valere quanto emerge dalle consulenze tecniche nella prossima udienza che sarà fissata entro 10 giorni”.

 


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