Incubo per una tabaccaia e i figli| I finti agenti: zitti o vi ammazziamo - Live Sicilia

Incubo per una tabaccaia e i figli| I finti agenti: zitti o vi ammazziamo

Tra i colpi messi a segno dalla banda, quello alla titolare di una tabaccheria in via Cappuccini, a Palermo. Quel giorno la donna fu immobilizzata inisieme ai suoi figli e i malviventi scapparono con una maxi refurtiva di oggetti preziosi e gioielli (nella foto).

Isola delle Femmine
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PALERMO – Sei orologi di marca, tre bracciali d’oro e d’argento, un prezioso crocifisso, un iPod Apple, due paia di occhiali da sole, una macchina fotografica, una videocamera e persino una bottiglia di profumo Dolce & Gabbana. Quel giorno, si sono impossessati di tutto ciò che ai loro occhi aveva un valore, anche delle chiavi dell’attività commerciale della vittima, titolare di una tabaccheria-ricevitoria in via Cappuccini, a Palermo.

L’ennesima nel mirino della banda dei finti finanzieri, finita in trappola nel blitz della squadra mobile e dei carabinieri di Partinico che hanno fatto scattare le manette per Vincenzo Sparacio di 25 anni, Mariano Parisi di 44 anni e del 37enne Vincenzo Vassallo. L’abitazione della donna, ad Isola delle Femmine, fu presa d’assalto l’8 novembre scorso, quando intorno alle 7,30 qualcuno suonò al citofono dicendo di essere dei carabinieri. La vittima scese col figlio di 29 anni e si trovò davanti un uomo con camicia azzurra, pantalone scuro con banda rossa, tubolari sulle spalle e berretto con fiamma. In perfetta tenuta da militare dell’Arma, quindi. Con lui c’erano altre tre persone, una delle quali mostrava una sorta di mandato di perquisizione, necessario per un’indagine nei confronti del marito, “ricercato per spaccio, riciclaggio di denaro ed usura”, così come precisarono i malviventi, sperando di darla a bere alla moglie.

La donna ebbe paura, tentennò, ma si fidò. Li fece entrare e segnò involontariamente il confine tra una normale mattinata e lunghi momenti di terrore. Una volta saliti in casa, i finti carabinieri diedero il via alla “perquisizione”, durante la quale era presente anche un altro figlio della commerciante, un 34enne. Ma le successive parole di quegli uomini chiarirono in un modo terribilmente rapido quello che stava succedendo: “La sceneggiata è finita – disse uno di loro a madre e figli – è in corso una rapina. Mettetevi seduti nel divano e non fiatate”.

La banda si trovava con le vittime nel salone dell’abitazione, tutti i rapinatori impugnavano una pistola. Uno di loro colpì al torace il figlio maggiore della donna, che aveva provato a ribellarsi. Poi continuarono le minacce e la ricerca disperata della cassaforte. La banda quel giorno voleva fare il colpo grosso, puntava ad un ipotetico “tesoretto” della famiglia: “Anche se non ci dice dove si trova, la troviamo comunque – disse con un forte accento palermitano uno dei rapinatori alla vittima – e dica ai suoi figli di stare tranquilli che tutto andrà bene, altrimenti finisce male”.

Una volta passata al setaccio l’abitazione, i quattro malviventi scapparono con una maxi refurtiva a bordo di una vecchia Fiat Uno, composta da oggetti preziosi e gioielli. Prima di fuggire ci fu però l’avvertimento: “Se vi sentiamo fiatare, ritorniamo e vi ammazziamo”.


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