L'indiano, la bambina, la gogna | Quando la faccia è una colpa - Live Sicilia

L’indiano, la bambina, la gogna | Quando la faccia è una colpa

Ram Lubhaya

Tu hai deciso che uno con la mia faccia e la mia pelle doveva essere per forza un rapitore

Il 'tentato rapimento'
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3 min di lettura

Vi ricordate la storia dell’indiano e del presunto tentato rapimento della bambina di Scoglitti? Abbiamo provato a metterci nei panni di Ram Lubhaya – così si chiama – che è stato al centro di una vicenda paradossale. E abbiamo scritto una lettera per lui – che lui non ha mai scritto – immaginando ciò che avrebbe potuto dirci, se solo l’avessimo ascoltato.

Sono Ram Lubhaya, quello che ha preso una bambina in braccio a Scoglitti, l’uomo nero dei vostri incubi, colui che avete subito decretato colpevole, senza processo. Ma non vi è venuto il dubbio che fossi innocente?

Lo capisco, la colpa è anche mia: sono un extracomunitario, un indiano. Non sono certo un santo e soprattutto ho una faccia che si presta al sospetto. Se uno come me prende in braccio una bambina l’operazione è semplice: extracomunitario più faccia uguale rapimento. Se fossi stato un finlandese avrei preso appena una bimba in braccio, ma sono l’uomo nero: la mia vita è un peccato che non prevede assoluzione.

Eppure, ci sono molte cose che non comprendo. Ecco quello che ha dichiarato il procuratore di Ragusa, Carmelo Petralia: “Il reato da contestare sarebbe quello di ‘presa di bambina in braccio’, ma il nostro Codice non lo prevede”. Ecco ancora una cronaca che mi riguarda: “Su Lubhaya, senza permesso di soggiorno, pendeva un decreto d’espulsione precedente ai fatti di Scoglitti. Petralia spiega come sono andate le cose: l’indiano, noto in spiaggia perché faceva tatuaggi, si avvicina alla bimba, che è con il padre. Le fa una carezza e la prende in braccio. Dopo quarantacinque secondi, infastidito, il papà gli dice di lasciare la bimba. Incidente chiuso; ma un amico dei genitori della piccola nota la scena e chiama i carabinieri: ‘C’è uno – dice – che ha tentato di prendere una bimba’. Quando i carabinieri arrivano, l’indiano è sull’arenile e viene fermato per sequestro di persona. ‘Un fermo tecnicamente sbagliato – sottolinea Petralia -. L’indiano passa una notte in cella e il giorno dopo, giustamente, il mio pm lo libera’”.

Però, poco dopo, un signore importante – il vostro ministro Alfano – dice: “Abbiamo espulso dal territorio nazionale il cittadino indiano Ram Lubhaya che il 16 agosto scorso si era reso responsabile, a Scoglitti, in provincia di Ragusa, del tentato sequestro di una bambina. Abbiamo ritenuto necessaria, dunque, questa espulsione perché il cittadino indiano ha leso la pacifica convivenza della nostra società. Soggetti che si rendono responsabili di simili comportamenti sono arrestati o espulsi dal nostro territorio”.

Dunque, chi sono io? Sono l’innocente nelle parole del giudice o il mezzo mostro nelle sicurezze del ministro? Sono il carnefice che minaccia la vostra serenità o la vittima di turno che sconta la dannazione, quando il potere non esita ad affondare e ripulire il coltello del suo cinismo? Io non voglio neanche difendermi, perché verrei frainteso, ma in te che leggi non è nata la perplessità che mi avrebbe dato almeno il diritto all’aggettivo ‘presunto’?

No. Tu hai deciso che uno con la mia faccia, la mia pelle e i miei sbagli doveva essere per forza un rapitore di bambine. E avresti avuto ragione a coltivare il dubbio e il sospetto per un gesto in fondo strano, ma tu hai soltanto creduto alla certezza dell’uomo nero che fa il suo orrendo mestiere e porta via chi non può proteggersi.

Io sono Ram Lubhaya, quello che ha preso una bambina in braccio a Scoglitti. Sono l’ombra nei vostri incubi, colui che avete subito voluto colpevole. E forse ero un presunto innocente, quasi come un finlandese qualunque.

 

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