“Sia io che Enzo Aiello coltivavamo questi rapporti politici per ragioni di lavoro”. Politica e mafia, una “doppia paternità” per poter lavorare in Sicilia. Per la politica “Lombardo”, per la mafia “Aiello”. Un sistema messo nero su bianco con nomi e cognomi dal geologo autonomista Giovanni Barbagallo durante l’interrogatorio reso ai pm del procedimento Iblis lo scorso 28 gennaio.
Il caso è quello della Safab, impresa al centro di delicate vicende giudiziarie in Sicilia tra mafia, politica e imprenditoria. Il 25 maggio del 2008 viene registrata una conversazione ambientale che iniziava con Aiello che chiedeva a Barbagallo come era “combinato” con Raffaele Lombardo; il geologo rispondeva che il presidente era inavvicinabile, ma che lui poteva parlare sia con “Angelo” che con “l’ex assessore Interlandi, quella di Niscemi”. Rileggendo le intercettazioni dei Ros, Barbagallo commenta: “Non so spiegare perchè sembra che Aiello mi autorizzi a parlare con la Interlandi. In particolare l’Ing. Vargiu della Safab mi contattò spiegandomi che Safab aveva un problema con l’assessorato per un progetto che avevano presentato con la società controllata, la Vulcano Housing, per la costruzione, in project financing, di un villaggio per americani. Il problema era con l’ufficio del Genio Civile di Catania che non voleva rilasciare il necessario parere tecnico e che aveva anche un contrasto di competenza con lo stesso assessorato”.
Ma in Sicilia ogni problema può trovare soluzione: “Per queste ragioni – spiega Barbagallo ai magistrati – conobbi l’Ing. Ciarrocca e fui proprio io a suggerire di dare una paternità politica al progetto”. Detto fatto, Barbagallo entra nei particolari: “Presentai l’Ing Ciarrocca all’On. Angelo Lombardo. Il primo incontro avvenne in un giorno festivo presso la segreteria politica di viale Africa all’onorevole Angelo Lombardo”.
Secondo Barbagallo, dopo il contatto, Angelo Lombardo “si interessò di questo progetto e fece incontrare a Roma, in occasione di una convention dell’Mpa, anche l’Ing. Ciarrocca con il capo dell’Ufficio del Genio Civile di Catania”. Il problema, secondo Barbagallo, alla fine non fu risolto, soprattutto, il conflitto di competenza tra i due uffici “perchè forse vi erano altre persone interessate a progetti simili”.
Di tutta la vicenda veniva informato il boss Enzo Aiello col quale lo stesso Barbagallo, mentre i Ros intercettavano, parlava della ricerca di “altri tipi di paternità”. “In effetti – spiega Barbagallo ai pm – l’altro tipo di paternità a cui io facevo riferimento era la paternità che nell’affare poteva dare Enzo Aiello…”.
Non è la prima volta che negli atti affiora la traccia di una presunta richiesta di aiuto “politico” ai Lombardo. Nel 2008 Francesco Campanella, leader dell’area “innovatrice” di Cosa Nostra, racconta ai magistrati catanesi la gestazione del centro commerciale di Villabate, un affare benedetto dalla cupola che prevedeva un “gemello” anche alle falde dell’Etna. “Quando ho fatto riferimento a Catania facevo riferimento solo a politici”. In ballo nel 2003 c’era la costruzione del centro commerciale di Villabate. Mafia e politica, nei rispettivi ruoli, secondo Campanella.
“Parlavo dell’Asset Development – ha detto Campanella ai pm catanesi – che nella sua discesa in Sicilia per questi ipermercati Colbrend, Auchan, Warner Bros, aveva scelto sia Palermo che Catania. Allora io, in funzione dei miei rapporti politici con Raffaele Lombardo, accompagnai personalmente i titolari dell’Asset da Raffaele per un incontro finalizzato a snellire le pratiche amministrative, burocratiche per l’apertura di questo centro commerciale”. “Allora Raffaele era vice sindaco del comune di Catania e io accompagnai personalmente Marussig (Francesco Paolo Marussig, amministratore delegato dell’Asset condannato per corruzione e poi prescritto, ndr) da Raffaele perché avessero questo rapporto di tipo politico per lo snellimento di questo tipo di procedura”. “Sciocchezze – ha detto Raffaele Lombardo ad ‘S’, intervistato da Claudio Reale – Campanella non ha mai avuto rapporti con me. L’ho incontrato soltanto in manifestazioni politiche, nell’Udr. Ricordo che era fidanzato con una ragazza che frequentava, credo, il Cdu. Era vicino a Clemente Mastella . Non sono stato al suo matrimonio . Il signor Campanella non mi ha mai presentato nessun imprenditore, non è mai venuto . Non c’è mai stato un rapporto di grande feeling fra me e quel signore”.
Il centro commerciale catanese non andò in porto per la collaborazione con la giustizia di Campanella. Ad assistere in tribunale all’emissione della sentenza di primo grado il 19 gennaio del 2009, c’erano il magistrato Massimo Russo ed il senatore Beppe Lumia: entrambi erano stati sentiti come testimoni nel corso del processo.