L'Italia ha sempre lo stesso virus | Questo è il Paese degli egoismi - Live Sicilia

L’Italia ha sempre lo stesso virus | Questo è il Paese degli egoismi

L'emergenza Coronavirus? La politica non sta imparando nulla.

SEMAFORO RUSSO
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4 min di lettura

L’Italia eternamente divisa, esperienza ricorrente pure nelle avversità. Tanto ricorrente che quando si riesce a realizzare una sorta di solidarietà nazionale (ai tempi delle Brigate Rosse, in caso di gravi calamità naturali) ci sembra opportuno evidenziarla.

Altrove la solidarietà nazionale è quotidianità. Forse l’Italia non è mai stata una vera nazione nemmeno dopo l’Unità, sarà perché guelfi e ghibellini albergano da sempre dentro di noi al di là degli storici confini fiorentini, sarà per la continua smania di conquistare l’autonomia da un centro dipinto dispotico assolutista e dopo averla conquistata, non soddisfatti, si comincia a mirare all’autonomia dell’autonomia all’infinito, quasi si trattasse di fisica nucleare.

Ma ci sono momenti come quello che stiamo vivendo a causa di un virus – domani sarà un altro virus o maledetto motivo – in cui dovremmo sentire il bisogno di stringerci “a coorte”, recita l’Inno di Mameli, di percepire in maniera confortante lo Stato unitario archiviando, almeno provvisoriamente, alcune pasticciate riforme costituzionali che hanno accresciuto parzialità, confusione tra le competenze regionali e statali e l’ulteriore divario tra settentrione e meridione.

Però non perdiamo il vizio, adesso si parla di autonomia differenziata, un’altra infernale formula da mettere in pratica non in nome della cura delle legittime differenze ma degli egoismi regionali e poi addirittura comunali. Fanno ridere i convegni sul regionalismo italiano quando ancora dobbiamo costruire un Paese indivisibile, soprattutto nelle coscienze, o la nascita di pietosi partitini ultra-autonomisti o secessionisti mentre ormai uno starnuto in Patagonia lo senti nelle carni mentre passeggi in via Maqueda a Palermo o in Piazza di Spagna a Roma, mentre Pil stagnanti e delocalizzazioni selvagge destabilizzano potenze mondiali e solide multinazionali.

Indipendentemente da chi governa quando convivi con una minaccia che se la ride delle tue risse da condominio di periferia, degli statuti speciali regionali, della diseguaglianza cronica tra le regioni del Nord e quelle del Sud e ti rincorre qualunque sia la tua condizione finanziaria, il colore della tua pelle, la tua religione e le appartenenze solo una cosa puoi fare: o finalmente capire e contribuire a trasformare la somma di singoli in comunità oppure inabissarti nella mediocrità assecondando l’istinto primordiale dell’isolamento per non darla vinta al tuo nemico, reale o immaginario, per non scomodare l’esigente compassione per il tuo prossimo.

A qual fine inveire contro disperati dal colore nero additandoli al pubblico odio, a qual fine tornare a imbrattare muri e porte con svastiche e vergognose scritte antisemite, a qual fine discriminare omosessuali, barboni e zingari se basta un virus a ricordare che siamo tremendamente e meravigliosamente uguali in quanto esseri umani. Il male non ha un’identità certa che ti esclude dal gioco perverso delle paure indotte, della politica bottegaia o dalla imparziale microbiologia, si nasconde ovunque, pure dentro i salotti dei perbenisti, le comode case dei capitalisti, dentro noi stessi.

Sì, ci sono momenti in cui si rivela la maturità o meno di una comunità nazionale senza che sia possibile distinguere, a quel punto, il siciliano dal lombardo, il sardo dal veneto, il pescatore di Lampedusa dall’alpino di Trento, l’etero dal gay, il sovranista dall’europeista, il povero dal ricco, il bianco dal nero. Momenti in cui dovremmo invocare punti di riferimento unici, direttive chiare, strategie di intervento valide su tutto il territorio italico modulate a seconda delle esigenze particolari, e in cui il Parlamento, seppure distinto in maggioranza e opposizione, sia avvertito dagli italiani come la casa comune e non come “un’aula sorda e grigia, un bivacco di manipoli…” di sciagurata memoria.

Personalmente credo che il governo Conte stia agendo correttamente, con responsabilità e impegno e credo pure, al contrario, di avere assistito ad azioni di strumentalizzazione politica, di scriteriata contrapposizione per tentare di lucrare voti – e non mi riferisco soltanto a Salvini aduso a tale mestiere e all’inquieto ed inquietante Renzi ma a un clima complessivo nei vari livelli istituzionali – rischiando la caduta del governo in una fase delicata. Di avere assistito a tentativi di spargere veleno con false notizie per scatenare una incontrollabile isteria generale in un frangente in cui servono nervi saldi e serve garantire la preminenza della sicurezza nazionale. Mi auguro che la magistratura intervenga severamente in proposito, le fattispecie penali applicabili esistono. Penso, voglio essere ottimista, che il semplice cittadino trarrà dal passaggio del coronavirus una positiva lezione per il futuro. Penso, mi riconosco pessimista, che il Palazzo della politica, invece, non stia imparando nulla preferendo il rotolarsi nel fango della partigianeria irresponsabile e delle becere convenienze di parte.


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