Lo sdegno dei figli di Borsellino | "Giù le mani dal caro nome di papà"

Lo sdegno dei figli di Borsellino | “Giù le mani dal caro nome di papà”

Ecco perché Manfredi, Lucia e Fiammetta hanno diffidato l'associazione “Paolo Borsellino onlus”.

PALERMO – Il nome e l’eredità morale del padre “non costituiscono mero corredo personale e familiare, ma patrimonio dell’intera comunità siciliana e nazionale”. Ecco perché Manfredi, Lucia e Fiammetta Borsellino hanno diffidato l’associazione “Paolo Borsellino onlus” a utilizzare il nome del magistrato ucciso dalla mafia.

L’associazione è stata estromessa dalle parti civili di un processo per omicidio in corso davanti alla Corte d’assise di Palermo, ma lo scontro con la famiglia Borsellino è iniziato due mesi fa e tocca temi che vano oltre il singolo processo.

I figli del magistrato “hanno sempre custodito e resi vivi loro cuori – si legge nell’atto di diffida firmato per contro dei Borsellino dall’avvocato Manfredi Carriglio – nei loro cuori e nell’adempimento dei compiti professionali che la vita ha loro assegnati, la memoria e gli insegnamenti paterni senza pretendere di assumere su di sé improprie funzioni di sorveglianza selettiva sull’uso che negli anni e da più parti, è stato fatto di quel nome”.

Un esercizio concreto di controllo sarebbe stato d’altra parte impossibile vista la “proliferazione, più o meno strumentale, di associazioni che ambivano a richiamare, nella suggestiva denominazione, l’eredità di Paolo Borsellino”.

Manfredi, Lucia e Fiammetta non pretendono e non vogliono essere “pubblici custodi” di quei valori, ma sottolineano che “una felice scelta fonetica non può surrogare i valori che quel nome dovrebbe rappresentare”.

Poi, la diffida entra nella vicenda specifica. La lettera è indirizzata all’avvocato Giuseppe Gandolfo, presidente della Onlus, e sottolinea “l’astuta mistificazione mediatica e giudiziaria del pensiero e delle parole di Manfredi Borsellino”. L’associazione ha “infondatamente sostenuto che il suo nome e persino la sua genesi discenderebbero dall’espresso consenso del mio assistito. Le è perfettamente noto che la famiglia Borsellino non prestò mai il consenso che ella aveva così insistentemente richiesto”.

Un consenso negato perché “potrebbe costituire un valore aggiunto, uno speciale imprimatur idoneo a superare il severo vaglio di ammissibilità delle costituzioni di parte civile”. Chi mai avrebbe potuto dire no a chi porta il nome di un simbolo della lotta alla mafia? “Tale strategia è solo una delle possibili espressioni della tentazione di venalità che può ispirare l’impiego arbitrario ed infecondo del nome di Paolo Borsellino. Ad occhi del mio assistito, il commissario di polizia Manfredi Borsellino, essa è pur tuttavia la più odiosa, perché, traducendosi in un uso distorto della giustizia e in ultima analisi in un vulnus per la finanza pubblica, contraddice e svilisce, nelle forme più subdole, il senso ultimo dell’opera professionale sua e del padre”.

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