PALERMO – Il rischio esiste. Ma la via è strettissima. A un mese dalla scadenza dell’esercizio provvisorio, con la Regione ancora alle prese con un bilancio complicatissimo da chiudere, l’ipotesi di un commissariamento da parte dello Stato continua a tenere banco nei conciliaboli nei corridoi del Palazzo. Quella che sembrava poco più di un’ipotesi di scuola, è tornata a far parlare di sé prepotentemente alla luci dei problemi contabili con cui si deve scontrare il governo Crocetta. E anche se la gran parte degli osservatori tende a escludere che si possa arrivare a un epilogo così traumatico, in tanti ammettono che l’eventualità esiste.
Le cifre ballano ancora. Ieri Rosario Crocetta, parlando con i giornalisti a Palazzo d’Orleans prima di incontrare l’assessore Baccei ha messo le mani avanti: “Prepareremo due ipotesi di bilancio: quella con la quale lo Stato interviene e quella senza il suo intervento. È chiaro che i cittadini, Comuni e sindaci devono sapere che in questo ultimo caso la responsabilità è di un governo nazionale che decide di fare il massacro sociale in Sicilia”.
Parole, quelle del governatore, che danno l’idea dello scenario di incertezza in cui nessuna eventualità sembra da escludere. Anche se il commissariamento della Regione sarebbe un fatto senza precedenti. Si tratterebbe di una scelta con forte connotazione politica, spiegano gli esperti. Ma la complessità delle procedure che lo dovrebbero determinare e il quadro di incertezza sui suoi possibili effetti (che si potrebbero propagare ben al di là dello Stretto) fa sembrare quest’eventualità non molto probabile. Lo spauracchio però c’è e può servire per spingere il governo regionale ad andare fino in fondo con le misure di rigore che Roma chiede siano adottate dalla Sicilia.
La norma dello Statuto che prevede il commissariamento è l’articolo 8, secondo il quale il governo nazionale può procedere a sciogliere l’Assemblea regionale “ per persistente violazione del presente Statuto”, previa deliberazione dei due rami del Parlamento. I commissari da nominare sono tre (incaricati dal governo su proposta del Parlamento) e devono gestire l’ordinaria amministrazione indicendo entro tre mesi le nuove elezioni. Osservando le stesse forme, con decreto motivato del Presidente della Repubblica si può rimuovere il Presidente della Regione “che abbia compiuto atti contrari alla Costituzione o reiterate e gravi violazioni di legge”.
La mancata approvazione del bilancio, o l’approvazione di un bilancio in disequilibrio finanziario configurerebbe secondo gli esperti una violazione della Costituzione, e in particolare dell’articolo 81 che prevede il principio del pareggio di bilancio. In quel caso il governo nazionale potrebbe anche – invece che ricorrere alla via drastica e inedita del commissariamento – decidere di impugnare il documento contabile di fronte ala Corte costituzionale (l’impugnativa che fino alla recente sentenza della Consulta spettava al Commissario dello Stato). Un atto che potrebbe anche portare al blocco della spesa regionale e al caos, in caso di pronuncia degli alti magistrati sfavorevole alla Sicilia. “Ci sarebbero delle conseguenze finanziarie significative – spiega Gaetano Armao, docente di contabilità pubblica che da assessore all’Economia predisse circa tre anni fa l’eventualità del default della Regione -. A partire della valutazione da parte dei mercati. La Regione ha un debito consistente e non dimentichiamo che Baccei e Crocetta hanno già fatto votare un nuovo mutuo e devono trovare qualcuno che lo finanzi. Anche non in caso di commissariamento ma con una ‘semplice’ impugnativa del bilancio da parte del governo ci sarebbe un deterioramento del debito esistente”. Insomma, si abbasserebbe il rating. Non solo, qualche creditore potrebbe chiedere l’immediato rientro della Regione in forza delle clausole di “additional termination event” inserite, al momento della stipula, nei contratti con le Banche internazionali per i derivati. E ci sarebbe anche il rischio di conseguenze per il debito dello Stato? “Assolutamente sì”, risponde Armao. Insomma, il governo nazionale avrebbe più di una ragione di prudenza prima di adottare un provvedimento di questo tipo? “Certamente sì”, concorda l’ex assessore.
“Non credo al default perché alla fine una soluzione la si trova”, commenta l’economista Pietro Busetta, secondo il quale però, un problema d’insolvenza della Sicilia non metterebbe a rischio il bilancio dello Stato. “Arriveremo ad accettare le condizioni che ci dettano. Qui c’è una prova di forza tra chi non vuole prendersi le responsabilità delle lacrime e sangue. Ma di fondo c’è una realtà indifendibile”, commenta Busetta.
Scettico sull’ipotesi default e commissariamento anche Vincenzo Fazio, già preside della facoltà di Economia all’Università di Palermo. “Oggettivamente potremmo riscontrare gli elementi che caratterizzano un indebitamento insostenibile. Però arrivare a una situazione di default mi sembra esagerato e allo stesso tempo politicamente improponibile. È un evento molto grave che si deve evitare a ogni costo”.
Più verosimile per gli economisti è che si prosegua sulla strada del “commissariamento dolce”, senza traumi, con Roma che detta la linea sulla politica finanziaria. “Che ci siano delle azioni di commissariamento della Regione in corso è chiaro. Il governo ha tutto l’interesse a mettere freno a una serie di incrostazioni”, osserva Fazio. “Già una forma di commissariamento c’è, e forse è opportuna visti i risultati pessimi dell’autonomia”, concorda Busetta, che definisce l’idea del commissariamento della Regione come un’ipotesi “di fantapolitica”.
Fantapolitica o meno, dello spauracchio del commissariamento si parla. E i più, soprattutto da Roma, preferiscono farlo con la garanzia dell’anonimato. Anche da ambienti della maggioranza si ammette che il tema torna nelle conversazioni sul futuro della legislatura, soprattutto alla luce delle tensioni tra i governi di Roma e Palermo. Pochi al momento però sembrano crederci. C’è ancora un mese per trovare la complicata quadra sui conti. Passando da un’Ars agitata ma al contempo animata da un forte istinto di sopravvivenza. Roma permettendo.