Lo stupro e il video osceno, i parroci: "Un patto per i giovani"

Lo stupro e il video osceno, i parroci: “Un patto per i giovani”

Giovanissima la vittima, giovanissimi gli accusati. Come affrontare una storia orribile?
LO STUPRO DI PALERMO
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La storia atroce di una violenza sessuale, a Palermo pone domande necessarie, anche sul contesto. Giovanissimi sono gli accusati, giovanissima la povera vittima. Ma non sono tanti gli adulti che stanno affrontando con lucidità la questione, oltre la retorica e la rabbia, interrogandosi su come si possa ripartire, dopo un colpo inferto a un’intera comunità. I sacerdoti che stanno sul campo, invece, almeno ci provano. Senza dimenticare il dolore e il peso di ciò che è accaduto. (nella foto, il luogo dello stupro)

I giovani abbandonati

“La mia sensazione è che Palermo abbia abbandonato i giovani – dice padre Antonio Garau, parroco di ‘San Paolo Apostolo’ a Borgo Nuovo -. Io vorrei creare, nel nome di don Pino Puglisi, un patto per i ragazzi, stilato da tutte le forze sociali, con un impegno serio, con una verifica trimestrale. Ogni tre mesi ci incontriamo e vediamo dove siamo arrivati. Bisogna interagire, creare attività, trovare risorse, specialmente per le periferie. I giovani di questi quartieri vivono soprattutto la notte, si incontrano la sera tardi, nelle piazze. Magari ci si sposta in centro e spesso conducono una vita sregolata, caratterizzata dall’alcol e dalla droga”.

Nessuna pietà

“I ragazzi e le ragazze sono lasciati soli – dice don Ugo Di Marzo, parroco di ‘Maria SS. delle Grazie-Roccella’ -. C’è un problema generale ed educativo. C’è un sistema che non funziona, partendo dalle famiglie e arrivando alla scuola. Siamo tutti sconvolti, è una storia che ha fatto male alla comunità, vedendo la disumanità che è venuta fuori. Non hanno avuto pietà di una ragazza che implorava, stando a quello che abbiamo letto. E poi c’è chi cerca, morbosamente, i video ed è, forse, un padre che ha figli giovanissimi”.

Ma la città non è indifferente

Pure frate Loris D’Alessandro, cappellano del Pagliarelli, insiste sull’elemento psicologico e generazionale: “Quello che è accaduto – dice – è la classica punta dell’iceberg di una fragilità diffusa. Non credo che la città sia indifferente, casomai è scioccata, perché nessuno si aspetta una cosa del genere. Sono molto arrabbiato perché ho colto il pensiero di qualcuno che ha, addirittura, denigrato la diciannovenne. Bisogna osservare un rispettoso e solidale silenzio nei suoi confronti”. Nel cono d’ombra, infatti, suo malgrado, c’è finita anche la ragazza che ha subito. Pure lei coinvolta, dopo l’orrore, nel gioco morboso dei social, dei sussurri e di certe ributtanti strizzatine d’occhio. Lei, la vittima. Che si è ribellata.

Quella ragazza è sola

“C’è un fatto su cui rifletto, soprattutto – dice Fra’ Mauro Billetta, guida della parrocchia ‘Sant’Agnese’ di Danisinni -. Quella ragazza è rimasta sola, non si parla mai di lei. Sembra che il suo destino non interessi a nessuno. Abbiamo ricevuto segnali gravissimi, ma ci siamo fermati alla superficialità dei sintomi. C’è un malessere diffuso di cui nessuno si sta prendendo cura”.

Un tentativo di annientamento

“La violenza contro le donne è un pestaggio, un tentativo di annientamento – ha scritto su Facebook, padre Gianni Notari, direttore dell’Istituto ‘Arrupe’ -. Gli uomini massacrano le donne per depotenziarle, per soggiogarle, per ribadire un potere che sempre di più non ha altro modo per perpetrarsi se non con la violenza. Perché tutto questo? Perché non ci si affida alla bellezza di una relazione fatta di reciprocità e di condivisione della differenza? La prevaricazione genera solitudine e morte”.


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