L'olocausto del lavoro senza diritti: hanno "spalmato" i fondi - Live Sicilia

L’olocausto del lavoro senza diritti: hanno “spalmato” i fondi

L'ultima inchiesta della magistratura, il coinvolgimento di politici e la Sicilia che annaspa

CATANIA – L’ultima inchiesta della magistratura etnea, con il coinvolgimento di politici ed esponenti di primo piano del mondo sanitario, rischia di certificare, ancora una volta, l’olocausto del lavoro senza i diritti. E torna in ballo una celebre frase, che è già costata più di qualche fastidio all’ex assessore alla salute Ruggero Razza, oggi indagato in uno dei 18 capi d’accusa. La “spalmatura”, ma si tratta dei fondi destinati ai progetti, che dovevano essere affidati a persone gradite ai politici. Solo che stavolta non è lui a parlare. “Spalmiamo” i soldi, dicono gli indagati, perché “abbiamo l’esigenza di comprarci l’area Razza”. La cautela è necessaria, perché le ipotesi degli inquirenti serviranno proprio a definire l’eventuale ruolo del pupillo di Nello Musumeci, comprendere, cioè, se lui sia destinatario di un’attenzione non richiesta, o abbia effettivamente provato a sistemare qualcuno, turbando una procedura pubblica.

Ma quattro, tra medici e politici, sono stati arrestati e si attende l’interrogatorio davanti al Gip di tutti gli indagati.

Il contesto

Un “inquietante contesto criminale”, per usare le parole della Gip Simona Ragazzi quando si riferisce ai destinatari di misure cautelari, nel quale, metodicamente, senza remore o freni inibitori e con la facilità impressionante di organizzarsi in tempi brevissimi, si programmano e commettono reati”. Non si tratta del Bronx, ma dei piani alti della pubblica amministrazione siciliana, dove si intersecano, da sempre, potere e destini.

Potere e diritti

Potere, quello di chi gestisce la cosa pubblica per alimentare il proprio apparato, in questo caso con un “sistema di turbativa di selezioni di tipo clientelare e familistico – si legge ancora nell’ordinanza di custodia cautelare – in spregio ai principi del buon andamento e dell’imparzialità della pubblica amministrazione”.

Ed è in questo meccanismo perverso, consolidato dalla simbiosi tra governanti e governati, che i diritti rivestono un ruolo marginale e vengono sostituiti dai privilegi.

Il “privilegio” di essere raccomandati

Se da un lato numerosi siciliani, ogni anno, sono costretti ad andare a lavorare all’estero, letteralmente con le valigie di cartone, anche con una laurea sotto braccio, dall’altro chi ha un buon amico nel mondo politico o è un trombato delle elezioni, riuscirà a trovare una collocazione, scavalcando graduatorie e procedure. Non a caso, nell’ultima inchiesta, non si contano i parenti sistemati con bandi pubblici cuciti ad hoc. In pochi si saranno scandalizzati, soprattutto in una terra in cui i vertici universitari sono a processo, a decine, per un elenco infinito di concorsi truccati. Dove non si contano i “simulacri” di gare, per usare un termine caro al compianto magistrato Giuseppe Gennaro e i grandi affari concordati a tavolino. RACCOMANDAZIONI, TUTTI I NOMI

Una laurea per tutti

I diciotto capi d’accusa formulati sulla base delle indagini dei carabinieri, coordinati dalla Procura di Carmelo Zuccaro, descrivono l’abitudine, di questo medico, “ad attivarsi, grazie alla propria rete di relazioni, per favorire indebitamente e secondo percorsi non trasparenti famigliari e amici nel conseguimento di benefici”.

A Catania e Palermo è possibile che un odontoiatra ben ammanicato come Ezio Campagna riesca, “grazie alla propria rete di relazioni” a interessarsi per far ottenere la laurea al marito della figlia, alla moglie e una seconda sempre alla stessa figlia.

Uffici di collocamento

I dipartimenti delle aziende sanitarie diventano uffici di collocamento per amici e parenti. Bandi ad hoc dicevamo, sullo sfondo intercettazioni che svelano retroscena e consuetudini. Come quella che vuole, per ciascun ente pubblico, un pugno di parenti. Nell’elenco, per bocca di Ezio Campagna, ci finisce anche il Centro universitario Cutgana, dove “si sono inficcati tutti quanti” e via con l’elenco delle mogli e dei parenti lavoratori.

L’altra concertazione

Uno degli elementi centrali dell’inchiesta è che i profili professionali e i requisiti richiesti nei bandi pubblici, sarebbero stati “concertati”, cioè stabiliti a tavolino tra coloro che ricoprivano un ruolo decisionale nella gestione degli enti pubblici. Sullo sfondo la politica, che appare, ancora una volta con un ruolo determinante, coccolata da chi ha un ruolo di vertice amministrativo in un rapporto di do ut des che annulla diritti e doveri, facendo prevalere i privilegi.

Punto primo, “comprare l’area”.

Chi amministra e gestisce enti universitari o sanitari ha un solo cruccio, trovare posti di lavoro per figure “gradite” ai politici. In questo caso, un dialogo cruciale riguarda la strategia da attuare con l’allora assessore Ruggero Razza, indagato in un capo d’indagine per una raccomandazione, per la quale sarebbe stato turbato il procedimento di selezione concordando “l’elaborazione del profilo professionale, i requisiti e il punteggio”. I giudici sottolineano che gli indagati hanno la “necessità” di ottenere “il sostegno politico ai progetti”, per questo puntavano a redistribuire le somme, per trovare spazio a una figura gradita all’ex assessore. “Abbiamo l’esigenza – si legge negli atti – di comprarci l’area Razza, poi tu ti devi trovare la soluzione tecnica, non è che qua poi tu…riduciamo Nicola economicamente”. A questo punto gli indagati recitano il sermone della “spalmatura”, di cui parlavamo prima.

Nomine e padrini

Le intercettazioni in filigrana svelano che tutti avrebbero un padrino politico. E non è una novità, visto che le nomine dei vertici aziendali hanno sempre matrice politica. Per esempio Gaetano Sirna, direttore del policlinico di Catania, “Sirna a chi risponde?”, chiedono mentre le cimici registrano. “A Pogliese, l’ha messo Pogliese (estraneo all’indagine ndr) e a noi di rimando, ma non sono Pogliese, cioè sono <Ciao Ciao Gaetano>>, ma finisce là. Pogliese è quello che gli impone le cose”.

Il discorso riguarda la destra e la sinistra. Vedi il caso di una dirigente della Cgil, in ottimi rapporti con Pippo Arcidiacono, per gratificarla Campagna propone di spostarla e poi “gli facciamo il concorso interno” e, se necessario, si ripromettono di chiedere la “cortesia” a volti noti del centrosinistra, Raia e Villari, anche loro estranei all’indagine.

I requisiti farsa

I requisiti e le capacità delle persone rischiano di non avere alcun valore, tanto che quando alla dottoressa Paola Campagna, figlia di Ezio, mancano alcuni requisiti per l’aggiudicazione del “posto”, il dottor Pedullà, medico odontoiatra della clinica universitaria Rodolico San Marco, avrebbe inserito il suo nominativo nelle proprie pubblicazioni, “che poi – scrivono i giudici – le sarebbero tornate utili per una futura carriera universitaria”. E sempre parlando di favori, Missale sarebbe riuscito a ottenere l’inserimento di Paola Campagna in tre pubblicazioni “a discapito” di un’altra persona. Insomma, dai dialoghi sembra che la gestione della carriera di una professionista sia variabile, in base alle amicizie, alla stregua di una pizza da asporto: “Mettimi – dice l’indagato – Paola Campagna su tre pubblicazioni”.

E la politica resta sempre il baricentro, quando bisogna raggiungere uno scopo e siccome si parla di sanità, Missale svela l’intenzione di trovare un piccolo “interesse” per “l’amico” Nicola D’Agostino, in quel momento componente della commissione sanità iscritto a Italia Viva. D’Agostino, un “rompicoglioni, non potrai corromperlo”, dicono gli intercettati mentre provano a servire sul piatto d’argento quello che solo chi è preposto all’amministrazione può garantire: un posto di lavoro. Lo scopo è quello di avere la sua “copertura”, per “un’area importante – dice Campagna – tu devi considerare che queste cosa passano in Commissione Sanità, io ne ho già due in commissione Sanità…io ci dico, dammi il nome e io poi me lo sistemo, hai capito? Perché una cosa è che glielo chiedo in amicizia, una cosa è che gli do il segnale, sempre politico è!”.

Sullo sfondo resta una Sicilia che annaspa, in cui i tavoli di “concertazione” hanno causato un imbuto per ogni possibilità di sviluppo. Consentendo soltanto a pochi “amici” di fare fortuna e relegando molti meritevoli a un ruolo marginale. Con un prezzo indicibile, quello della dignità, barattata ad ogni appuntamento elettorale da chi ha ricevuto qualcosa. Un lavoro per favore. Ecco, c’è poco da festeggiare, oggi come ogni giorno.


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