Ironicamente, ma non surrealisticamente, parafrasando, si potrebbe dire che se c’è la Lombardite Acuta (Totò Cuffaro dixit), allora, c’è anche la Cuffarite di ritorno, in Sicilia. Lo confermano le cronache dell’ultimo vertice di maggioranza, lì dove i due acerrimi rivali, Totò e Raffaele – come racconta il nostro Salvo Cataldo – sono stati inossidabili protagonisti.
“La tensione tra gli eredi dello scudocrociato è stata palpabile – abbiamo scritto -. Il ri-fondatore della Dc non ha digerito le intromissioni lombardiane sulla sanità agrigentina e mal sopporta le continue prese di posizione e i distinguo degli autonomisti rispetto al percorso di governo. Lombardo ha risposto per le rime con tutta la sua spigolosità”.
Mettendo da parte il merito della vicenda, ammesso che esista, politicamente, qualcosa che non sia riconducibile alla sciarra per un posto al sole, bisogna cogliere il dato certo. Che è questo. La politica regionale, nell’anno di grazia 2024, quasi 2025, non può prescindere da Totò Cuffaro e da Raffaele Lombardo.
Infatti, sono lì, a dare le carte. Una circostanza che lascia rifulgere indiscusse abilità personali. Ma che, al tempo stesso, interroga i più affezionati alla cronologia e alla sociologia del cosiddetto ‘ricambio generazionale’. Quei due reucci del consenso erano, sono e saranno lì. Un po’ come se Luca Toni fosse tuttora il centravanti titolare del Palermo.
La Lombardite, dunque. La diagnosi pizzuta in oggetto è nata da una risposta offerta dal segretario democristiano in calce a una intervista di Gianfranco Miccichè che, a vario titolo, lo punzecchiava.
La Cuffarite, invece, è una libera variazione sul tema. Noi, però, non ci riferiamo a patologie. Teniamo in conto fenomeni che dovrebbe essere oggetto di studi circa la longevità del potere a vario titolo.
Raffaele e Totò hanno attraversato intese e disamori. Il richiamo della foresta presenzialista, in una pluriennale resilienza, ha avuto l’eco di un esserci inaggirabile. Misirizzi del Palazzo hanno superato difficoltà che ad altri sarebbero apparse insopportabili. Ce l’hanno fatta.
E sono sempre lì, non alla stregua di passanti. Sono tra coloro che hanno voce in capitolo, che possono indirizzare e che hanno la facoltà di fare e di non fare fare. Tanto di cappello alla bravura, al talento. Resta la domanda, non capziosa, neutra, però resta: una questione di cronologia, di sviluppo e di sostanza. Che diagnosi si può fare della politica siciliana, nell’anno di grazia 2024, quasi 2025?