CATANIA -Udienza chiave oggi all’aula bunker di Bicocca del processo d’appello che vede imputato Raffaele Lombardo per concorso esterno. Sarà ascoltato, infatti, Rosario Di Dio, il boss di Palagonia che con le sue rivelazioni ha portato non pochi colpi di scena nel procedimento a carico dell’ex governatore siciliano, già condannato in primo grado. Saranno approfonditi da accusa e difesa gli argomenti che Rosario Di Dio ha già affrontato durante due interrogatori resi alla magistratura. Sarà esaminato come imputato in procedimento connesso: il boss di Palagonia, infatti, non ha alcuna volontà di collaborare con la giustizia.
Si tratta delle dichiarazioni di un condannato a 20 anni di reclusione, e da gennaio 2011 sottoposto al 41 bis, che dovrebbero servire circoscrivere le proprie responsabilità e di definire una volta per tutte la natura dei rapporti con Raffaele Lombardo, al fine di chiarire una vicenda che – secondo quanto lui stesso dichiara nei verbali – non pensava “potesse avere rilevanza penale”.
Alcuni mesi fa i contenuti dei verbali del boss di Palagonia sono stati pubblicati sulle colonne di LiveSiciliaCatania. Sui rapporti con Raffaele e Angelo, nel primo verbale datato 2 dicembre 2014, Rosario Di Dio si era avvalso della facoltà di non rispondere. Nel secondo invece racconta di conoscere Angelo Lombardo da molti anni, poiché lo vedeva passare insieme al padre avvocato al rifornimento di Cuticchi gestito dal fratello. E fu in una di queste soste – sempre secondo quello che dichiara Di Dio ai pm Agata Santonocito e Antonino Fanara presso la Casa di reclusione di Novara – che il padre di Lombardo gli disse che Raffaele voleva incontrarlo. Rosario Di Dio non fornisce un chiaro riferimento temporale ma specifica che in quel periodo era consigliere comunale per il partito socialista a Castel di Iudica, mentre un suo lontano cugino militava nella stessa corrente della democrazia cristiana di Lombardo, al tempo in cui era “assessore o deputato regionale”.
Gli incontri con Raffaele, in quel periodo, sarebbero avvenuti con “finalità politica” – si legge nel verbale – poiché capitava che Lombardo preferisse consegnare a Di Dio stesso la documentazione destinata al cugino, una sorta di relazione dell’attività svolta alla Regione. Le prime grane giudiziarie spinsero Raffaele ad allontanarsi dalla politica, anche se continuava a esercitare la propria influenza attraverso i suoi riferimenti politici dell’entroterra siciliano. Come quando chiese a Rosario Di Dio – all’epoca consigliere comunale a Castel di Iudica – di aiutarlo a far eleggere un suo uomo al comitato di gestione dell’USL 30 di Palagonia: “Io gli dissi che non vi erano problemi e che mi sarei impegnato perché ciò potesse accadere. Ricordo – afferma Di Dio – che tale persona fu effettivamente eletta”.
Il racconto del boss di Palagonia contenuto nel verbale passa direttamente al 2003, anno in cui venne scarcerato. Mentre era ancora sotto sorveglianza speciale chiese a Raffaele Lombardo un interessamento in favore del distributore di Cuticchi, gestito dal fratello. Interessamento che avvenne – secondo Di Dio – quando Raffaele Lombardo era presidente della Provincia, e che portò effettivamente a delle forniture di carburante erogate al Consorzio di Bonifica dal distributore del fratello. Dagli atti dell’inchiesta Iblis sappiamo che si tratta dello stesso periodo in cui Rosario Di Dio chiese di conferire con Francesco La Rocca, il boss del calatino, al fine di essere autorizzato a “camminare” per conto dell’organizzazione criminale nel territorio di Palagonia. La richiesta avvenne tramite Alfio Mirabile, allora reggente della famiglia di Catania.
I fratelli Lombardo avrebbero chiesto a Rosario Di Dio un incontro con Angelo Santapaola – ex reggente della famiglia di Cosa nostra catanese assassinato insieme al suo guardaspalle Nicola Sedici nel 2007 – durante una visita notturna proprio in casa dello stesso Di Dio. Il presunto incontro tra Raffaele Lombardo e Angelo Santapaola sarebbe avvenuto – dice Rosario Di Dio nel verbale – prima delle elezioni regionali in Sicilia (del 2006 nda), “in mia presenza nell’impianto di Anania”. Si sarebbe parlato di “somme di denaro” e della “messa a disposizione per fare assumere delle persone”, tutto in cambio di “2000 o 3000 voti”. I dettagli sarebbero stati definiti poi durante successivi incontri diretti tra Angelo Lombardo e Angelo Santapaola. In queste occasioni – secondo le dichiarazioni acquisite nel processo – sarebbero stati indicati anche i candidati da votare. Dopo le elezioni, Rosario Di Dio dice di aver raccolto le lamentele di Angelo Santapaola che “stava ancora aspettando” Raffaele Lombardo, il quale – sempre secondo quanto riferisce Di Dio nelle dichiarazioni – non “aveva fatto quello che doveva fare”. Lamentele puntualmente rappresentate da Di Dio a Angelo Lombardo che avrebbe poi parlato con il fratello per risolvere la situazione. Dopo qualche tempo – si legge ancora – lo stesso Angelo Santapaola disse a Rosario Di Dio che “tutto era apposto”.
Uno dei passaggi dei verbali è in contraddizione con quanto ha asserito il collaboratore di giustizia Gaetano D’Aquino. Il collaboratore ha indicato Rosario Di Dio come l’organizzatore della presunta cena elettorale a sostegno dell’ex presidente della regione. Rosario Di Dio, pur confermando il fatto che D’Aquino fosse lì in compagnia di altre persone di Catania, specifica di non essere l’organizzatore della cena contrariamente a quanto dichiarato dal collaboratore, poiché “dal 2006 – afferma nei verbali Di Dio – non avevo più alcuna fiducia politica nei confronti di Raffaele Lombardo”.