“Il presidente Lombardo mi ha chiesto di fare un passo indietro. Una decisione tecnica, assolutamente normale”. Emanuele Spampinato (nella foto) ha lasciato la presidenza del cda di Sicilia e Servizi. Prima le dimissioni, poi qualche giorno di silenzio. Utile forse a sbollire la rabbia per questa decisione giunta dall’alto. Una rabbia che Spampinato in realtà nega, respinge. “Una decisione normale”, dice. Fa parte del gioco. Una questione di “governance”, di “assetti”, di strutture e dipartimenti.
Già, ma al di là dei termini tecnici e delle motivazioni “strutturali”, sullo sfondo c’è la politica. E una serie di equilibri che forse il governatore ha deciso di tutelare. L’azienda Sicilia e Servizi, infatti, partecipata della Regione, nei mesi scorsi aveva subito attacchi feroci da un’area politica precisa: quella del Pdl “lealista”. Prima la formazione di una commissione d’inchiesta. Quindi gli affondo di Fabio Mancuso all’Ars. Una situazione esplosiva che avrà consigliato a Lombardo questa sorta di “rimpasto” dei manager. Fuori anche, infatti, Antonino Scimemi e Rino Giglione (che tra gabinetti e dipartimenti ricoprono ancora incarichi alla Regione). Fuori, insomma, buona parte del vertice di Sicilia e Servizi. Fuori, tutti e tre lo stesso giorno. “Ma gli attacchi subiti dai parlamentari non c’entrano”, minimizza Spampinato, da sempre assai vicino a Lombardo, anche per la sua militanza nell’Mpa.
A distanza di qualche mese può dirci quali furono, secondo lei, i motivi di quegli attacchi?
“Credo fossero solo accuse strumentali. E le motivazioni le conosce chi ci ha attaccato. Se invece di alzare questo polverone fossero venuti in azienda, avrebbero visto che era tutto in ordine”.
Eppure, oggi, se davvero quegli attacchi erano strumentali, si può dire abbiano colpito nel segno.
“Non credo ci sia un legame tra le mie dimissioni e quelle critiche”.
Quali sono allora le motivazioni del suo “passo indietro”?
“Si tratta di un normale avvicendamento. Un fatto tecnico. Il Presidente ha intenzione di riordinare la governance delle partecipate”.
Quindi le ha chiesto Lombardo di farsi da parte.
“Diciamo che, come manifestai la mia totale disponibilità e impegno nel ricoprire l’incarico di presidente del cda, così non ho avuto problemi a prendere atto della decisione del governatore”.
Lei parla di decisione tecnica, eppure davvero crede che la politica non c’entri?
“Io so solo che quando l’azienda venne attaccata da un gruppo di parlamentari, l’esecutivo regionale, tramite l’assessore Cimino, difese il nostro operato, controbattendo alle critiche punto per punto”.
Che azienda lascia? Qual è lo stato di salute di Sicilia e Servizi?
“Noi abbiamo attraversato una fase di transizione. Un periodo che avrebbe dovuto condurre alla completa publicizzazione dell’azienda. Il nostro apporto, da privati, era quello di favorire lo start up. E credo che in questo senso abbiamo fatto bene, nonostante le molte diffcoltà”.
A cosa si riferisce?
“Mi riferisco a quegli attachi di cui parlavamo. E all’eco mediatica che hanno sollevato. Ma non solo”.
Quali altri ostacoli?
“Certamente il riordino dei dipartimenti non ci ha favorito. Il settore dell’informatica è passato dal controllo dell’assessorato alle Attività produttive a quello dell’Economia. In questi casi l’azione del management viene ovviamente rallentata. Senza dimenticare che abbiamo affrontato la liquidazione di Sicilia e Innovazioni”.
Qualche rimpianto?
“Rimpianti no. Ho la coscienza a posto. Ma se l’azienda avesse lavorato in un contesto un po’ più stabile, certamente avrebbe fatto molto meglio”.
Adesso lei cosa farà? Con la Regione discorso chiuso?
“Non è detto. Chissà che nel riordino della governance possa ricoprire altri incarichi”.
Il presidente Lombardo le ha già fatto intendere qualcosa?
“No. Non mi ha detto nulla in questo senso. Ma niente si può escludere”.