L'omicidio di Elena, perché Martina abbraccia sua figlia?

L’omicidio di Elena, perché Martina abbraccia sua figlia?

Il delitto preceduto da un gesto che appare inspiegabile. Parlano le maestre.

Quell’abbraccio ci spiazza. Perché? Come si può abbracciare e poi uccidere? Un fotogramma. Siamo a Mascalucia e ancora non è successo niente. Martina Patti non è una madre che ha confessato di avere ucciso brutalmente sua figlia. La piccola Elena respira, corre, gioca ed è felice. Vede la sua mamma e le corre incontro.

Quell’abbraccio è stato registrato dalle telecamere a circuito chiuso dell’asilo che bloccano un frammento di quiete. Una bambina di quasi cinque anni non è stata ancora sotterrata parzialmente nelle campagne, con la terra e la cenere lavica, lì, dove verrà ritrovata tra le luci e gli odori dell’estate in arrivo. Una donna non ha ancora raccontato di un fantomatico blitz che si rivelerà una messinscena. No, non c’erano uomini incappucciati e armati che sbucano da una macchina, come in una fiction, e portano via una creatura atterrita. Questa, secondo gli elementi acquisiti, è una storia atrocemente più semplice.

Quell’abbraccio. Osserviamo la normalità di ciò che accade. Martina, la mamma, di spalle, con una maglietta azzurra. E’ lei a tendere le braccia verso sua figlia. Elena allarga le sue braccine da bambina. Poi, con un salto, si aggrappa alla stretta che le viene offerta. Madre e figlia sono una cosa sola. L’ultimo frammento visibile è la mano di un’anima ignara che fa ciao ciao. Poi, si scatenerà qualcosa che possiamo chiamare orrore soltanto per difetto di linguaggio. I passaggi della confessione sono chiodi nel cuore di tutti noi.

“Elena era una bimba affettuosa, socievole e solare – ricorda la sua maestra -. Ogni volta lei abbracciava tutti i suoi familiari. Forse Martina aveva premeditato tutto, ma per noi l’abbraccio tra madre e figlia poche ore prima del delitto non aveva nulla di anormale”. “Quello che è successo – dice la responsabile dell’asilo, Veronica Piazza – ha dell’inverosimile. Martina è venuta a prendere la bambina, l’abbiamo affidata alle mani più sicure con quell’abbraccio che è diventato comune a tutti e che dimostra l’amore che la piccola aveva per la madre”.

Tutti noi, guardando quell’abbraccio, abbiamo pensato ai nostri abbracci da bambini e a quelli da padri o da madri. Un miracolo dell’amore. Una promessa che si avvera dalle parti di un asilo o di una scuola. Una carezza che rassicura: ‘Mamma e papà sono qui’ e che prepara un rinnovato giorno di felicità.

Elena, invece, poco tempo dopo, è stata uccisa da colei che le aveva dato la vita e che rappresentava la sicurezza. Ha capito, povera bambina, che tutto il suo mondo di giochi e sorrisi era crollato, prima ancora di chiudere gli occhi. Resta la domanda, il chiodo rovente nel cuore. Perché? (Roberto Puglisi)


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