L'omicidio di 'Saddam': killer condannati a 16 anni - Live Sicilia

L’omicidio di ‘Saddam’: killer condannati a 16 anni

Antonino Di Cavolo è stato ammazzato nel 2018. La Corte d'Assise d'Appello, a seguito di un concordato tra accusa e difesa, ha riformato la sentenza del gup.

CATANIA – Freddato in una strada isolata di Ramacca e poi massacrato a pietrate. Antonino Di Cavolo, conosciuto da tutti come Saddam, è stato brutalmente ammazzato nel 2018. Antonino Barbagallo e Samuele Cannavò sono stati condannati a 16 anni di reclusione dalla Corte d’Assise d’Appello. Alla fine si è arrivati a un concordato tra il collegio difensivo (gli avvocati Giovanni Avila e Vittorio Lo Presti per Barbagallo e Massimo D’Urso per Cannavò) e la Pg Maria Concetta Ledda. In primo grado, infatti, il gup li aveva condannati a 30 anni di reclusione.

Già nel processo abbreviato Cannavò attraverso un memoriale aveva ammesso le sue responsabilità e in qualche modo scagionato Barbagallo, che aveva rilasciato dichiarazioni spontanee. Ma in quella fase la pm decise di far scattare delle perquisizioni in cella. E così furono trovate delle lettere che per l’accusa sarebbero stata la prova di un accordo sulla versione da dare.

Di Cavolo è stato ammazzato perché avrebbe avuto il brutto vizio di parlare troppo. Saddam è stato attirato in una trappola. Il giorno dell’omicidio infatti è invitato a cena da Ninuzzo Barbagallo. Poi da Paternò si spostano a Ramacca e lo ammazzano. Finiscono in contrada Gaeto nei pressi della diga di Ogliastro. Gli assassini sparano con una 38 special, Di Cavolo tenta la fuga ma attraversata la galleria cade a terra e qui i sicari lo massacrano a colpi di pietra. I carabinieri trovano il cadavere con il volto tumefatto.

I due imputati finiscono alla sbarra al termine di un’indagine che parte da alcune intercettazioni. I carabinieri stanno monitorando il clan Rapisarda di Paternò e alcune conversazioni attirano la loro attenzione. E così inizia a comporsi il puzzle accusatorio che si completa con i controlli incrociati delle celle telefoniche – quella notte del 20 gennaio Barbagallo e Cannavò spengono il telefono -, tracce genetiche ed esami balistici.

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