L’omicidio di Simona Floridia, la difesa non ci sta: “Tutte calunnie”

L’omicidio di Simona Floridia, la difesa non ci sta: “Tutte calunnie”

I legali di Andrea Bellia, che per l’accusa avrebbe ucciso Simona Floridia, chiedono in subordine la prescrizione. Sentenza fissata per il 12 aprile.
CATANIA, IL PROCESSO
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CATANIA. “Abbiamo chiesto che gli atti e le dichiarazioni del testimone vengano trasmessi alla Procura perché si proceda nei suoi confronti, intanto per calunnia e falsa testimonianza”. Lo ha detto l’avvocato Antonio Ingroia, difensore dell’imputato, al termine della sua arringa di ieri pomeriggio, dinanzi alla Corte d’assise di Catania, presieduta dal giudice Sebastiano Mignemi, al processo per l’omicidio di Simona Floridia, la diciassettenne sparita nel nulla il 16 settembre 1992 a Caltagirone, che per l’accusa sarebbe stata ammazzata da Andrea Bellia, con cui aveva una relazione. La sentenza è prevista per il prossimo 12 aprile.

Secondo l’avvocato, ex magistrato della Procura di Palermo, in pratica, l’imputato deve essere assolto perché gli elementi raccolti dall’accusa non consentono di giungere a un’affermazione di responsabilità: il movente per la difesa sarebbe inconsistente – Simona avrebbe minacciato di rivelare il tradimento, da parte di Bellia, con la fidanzata di un suo amico – e il testimone sarebbe caduto in contraddizione. Ma l’avvocato Ingroia ha anche formulato una richiesta “subordinata”: la prescrizione dell’accusa di omicidio, che tecnicamente viene estinto per prescrizione dopo 24 anni più 6 in caso di interruzione per il processo, più eventuali altre singole sospensioni per rinvii. In pratica, fatti tutti i calcoli, per la difesa il reato sarebbe prescritto da pochi giorni.

Questo, ovviamente, qualora, come hanno sostenuto i pubblici ministeri, le Pm della Procura di Caltagirone Natalia Carrozzo e Samuela Lo Martire – che nella loro requisitoria hanno chiesto la condanna a 24 anni di reclusione – l’omicidio sia da ritenersi non premeditato e senza l’aggravante, ulteriore, dei cosiddetti motivi “abietti e futii”. Di tutt’altro avviso, ovviamente, è stata la conclusione dell’avvocato Giuseppe Fiorito, che assiste i genitori della povera Simona, il quale alla scorsa udienza aveva chiesto il“massimo della pena”, concludendo sul punto in maniera opposta rispetto alla Procura (e ovviamente alla difesa, che non si era ancora espressa): per la parte civile le aggravanti dei motivi “abietti e futili” e della “premeditazione”, invece, ci sono tutti.

Il processo, si ricorda, è stato riaperto a 26 anni dall’archiviazione della prima inchiesta. Ieri è stato dunque il giorno delle arringhe dei difensori, gli avvocati Ingroia e Pilar Castiglia, che hanno passato lungamente in rassegna gli elementi dell’accusa, evidenziando pezzo per pezzo quelle che Ingroia ha definito “gravissime carenze” nelle indagini sulla scomparsa di Simona. Nel corso della mattinata e alla ripresa dell’udienza, a parlare in aula è stato l’avvocato Castiglia.

La legale ha fatto ascoltare alla Corte d’assise l’intercettazione in base alla quale l’inchiesta era ripartita, oltre 25 anni dopo, in cui un ex amico di Bellia racconta a una donna di una presunta ammissione di responsabilità che avrebbe fatto l’imputato. Secondo l’avvocato, “l’accusatore semplicemente non è un accusatore”, tant’è che quando è stato convocato in caserma dai carabinieri inizialmente avrebbe mostrato titubanza; poi sarebbe caduto in contraddizione e poi, di fronte alle contestazioni dei difensori, avrebbe risposto più volte “non ricordo”. Secondo il legale, inoltre, anche la ricostruzione del delitto che fa l’accusa, ovvero che Bellia abbia portato Simona al Monte San Giorgio con il suo scooterone, sarebbe inverosimile, in quanto non sarebbe neppure possibile salire con quello scooter sul monte.

Inverosimile, inoltre, per l’avvocato Castiglia la ricostruzione dell’omicidio anche per altre ragioni: la vittima sarebbe stata fatta cadere nel burrone, poi il corpo recuperato e fatto sparire da un ragazzo che allora aveva 18 anni, senza che nessuno si accorgesse di nulla, di notte. Infine il legale ha ricostruito la figura dell’imputato, che adesso, trent’anni dopo, non ha alcun tipo di precedente penale. “È incensurato, non è un sociopatico e non è un uomo affetto da raptus – ha detto, in sintesi, la legale -. Perché avrebbe ammazzato questa ragazza e come si sarebbe disfatto del cadavere, senza corpo, senza movente e senza che gli investigatori si siano chiesti: ma questo cadavere, se è stato davvero Bellia, come ha fatto a portarlo via dalla scena del delitto?”.


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