L'omicidio Miceli a Cattolica Eraclea, 24 anni a Sciortino

L’omicidio Miceli a Cattolica Eraclea, 24 anni a Sciortino

La sentenza della Corte d'assise

AGRIGENTO – I giudici della Corte di Assise di Agrigento, presieduta da Wilma Angela Mazzara, hanno condannato a ventiquattro anni di carcere l’operaio di Cattolica Eraclea Gaetano Sciortino per l’omicidio del marmista del paese Giuseppe Miceli, massacrato il 6 dicembre 2015 all’interno del suo laboratorio in via Crispi. In un primo momento si era battuta l’ipotesi della rapina andata a male ma ancora oggi il movente rimane sconosciuto.

La Corte ha escluso l’aggravante dei futili motivi e ha disposto altresì una provvisionale di venti mila euro in favore del fratello della vittima, costituitosi parte civile nel processo con gli avvocati Nino Gaziano e Salvatore Di Caro, in attesa della quantificazione in sede civile del risarcimento. L’accusa, sostenuta in aula dal sostituto procuratore Gloria Andreoli, aveva chiesto l’ergastolo per l’imputato. Quest’ultimo, una volta scontata la pena, sarà sottoposto alla libertà vigilata per la durata di tre anni. Si chiude, dunque, il primo capitolo giudiziario legato ad un efferato omicidio che sconvolse – ormai oltre sei anni fa – la piccola comunità dell’agrigentino.

Il cadavere del marmista, ucciso con alcuni arnesi da lavoro, fu ritrovato alle prime luci del 7 dicembre dal fratello. La svolta nelle indagini, condotte sul campo dai carabinieri del Comando Provinciale di Agrigento, arrivarono due anni dopo con l’arresto di Sciortino. Per l’accusa ad “incastrare” Sciortino ci sarebbero diversi elementi: il ritrovamento di una scarpa in un’area rurale la cui impronta sarebbe compatibile con quella repertata dai RIS sulla scena del crimine; il presunto pedinamento del giorno precedente e la distruzione di alcune punte da trapano da parte dei figli dell’imputato (intercettati) che appartenevano alla vittima. Nel corso del dibattimento all’imputato, difeso dagli avvocati Lucia e Morello, sono stati concessi prima gli arresti domiciliari e poi l’obbligo di dimora.
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