Cara Lucia, adesso fatti coraggio | Tornerai a sorridere ancora - Live Sicilia

Cara Lucia, adesso fatti coraggio | Tornerai a sorridere ancora

Abbiamo raccontata la tremenda storia di Carmela Petrucci (nella foto). Abbiamo partecipato al dolore dei suoi funerali. Ora Lucia, la sorella, sta tentando di riprendere una vita normale. E noi siamo accanto a lei, con affetto e discrezione.

PALERMO- Sul luogo del delitto non c’è più nulla che faccia pensare al sangue versato. Non ci sono più i mazzi di fiori posati per cordoglio a terra. Non ci sono più le foto di Carmela Petrucci, assassinata da Samuele Caruso all’uscita da scuola, come immaginette consacrate alla perdita. Hanno lavato via da tempo le macchie rossastre. Si respira una tranquilla aria di portineria, di penombra di casa, nel posto di passaggio che precede il rientro in noi stessi dopo un pellegrinaggio nel mondo di fuori. Oltre, da qualche parte, ci sono i giochi di Lucia che è ormai maggiorenne. Ma sempre le ragazze conservano un pezzetto di infanzia: una bambola, una borsa, un cuore di legno. E ogni tanto lo riprendono e lo guardano per ricordarsi come erano da bambine. Non c’è più Carmela. Non col suo corpo. Non con il suo sguardo. Non con i suoi occhiali. Non con la sua voglia di esserci.

Accade eternamente nel lutto naturale o omicida subito da una famiglia. Le cose, piano piano, si rimettono a posto. La polvere si posa sugli scaffali. Il colore pastello del soggiorno non mostra venature o trasalimenti che possano far sospettare il peso di un’assenza. Il gatto (se c’è un gatto) riprende il controllo del suo territorio, con la calma di chi ha un nastro di secoli a disposizione. Il cane (se c’è un cane) scodinzola. Solo se fissi a fondo negli occhi degli uomini che abitano la casa del dolore scopri la ferita non rimarginata, la crepa che piomba su una materia viva di lacrime, la piega in cui la vita ha curvato per non essere mai più la stessa di prima.

Cara Lucia, la sfida è questa. Tornare nel posto in cui sei stata felice e provarci ancora, nonostante le cicatrici visibili e quelle invisibili che le altre persone dimenticano. Dovrai, ora per ora, rincamminarti sulla strada dal supermarket al portone. Dovrai superare il pavimento di mattonelle che conduce al citofono. Dovrai poggiare il dito sul pulsante col tuo cognome. E lì avrai davanti la scena di quel frammento di ottobre che ha trasformato una consuetudine in un marchio incancellabile. Ti farai coraggio, attraverserai l’oceano di memoria che ti si spalancherà davanti ai piedi. Prenderei l’ascensore. Suonerai il campanello. E sarai a casa. Non c’è una prima volta diversa dalle altre. Ogni giorno sarà una battaglia con i tuoi sentimenti, col ricordo di Carmela e con la fitta che ti sconquasserà il petto. Ma ce la farai. Piano piano, la violenza dell’amarezza diventerà più soffice. Abbandonerà la zona più esposta di te. Si nasconderà altrove, lasciandoti in pace, con un sottofondo inquieto che pulserà, quando meno te l’aspetti, per sorprenderti.

Cara Lucia, ti voglio raccontare la mia piccola storia, molto più lieve della tua. Quando morì mio padre avevo la tua età. Come i tanti che sperimentano la separazione, fui costretto a convivere col suo fantasma, senza poterlo abbracciare. Sentivo la fragranza della sua pipa nello studio, con i suoi libri di latino. Nella custodia verde c’era ancora l’impronta dei suoi occhiali. Indossavo la sua vestaglia bordeaux. Lo cercavo nella sua poltrona e mi sorprendevo di non trovarlo lì. Lo inseguivo tra i suoi dischi, nei suoi quaderni, nelle sue abitudine. Riemergevo con un vuoto senza parole. Poi, una sera, in un’altra casa, in una camera che non ci aveva mai visto insieme, mi entrò nel naso il profumo della sua lozione per i capelli, usata in una strenua e inefficace lotta contro la calvizie. Era fisicamente impossibile che quell’aroma fosse lì, eppure c’era. Da allora ho capito che mio padre è sempre con me.

Vedrai, Lucia, succederà anche a te. Incontrerai Carmela nell’espressione di una ragazza ignota. Sentirai la sua risata su labbra diverse. Ascolterai, stupita, la sua voce nel venticello di un nuovo ottobre. Riderete insieme di questo assurdo scherzo che è la morte. E tu sarai felice.

 


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