L'ultimo bacio - Live Sicilia

L’ultimo bacio

Tensioni, veleni e gravi offese: la Procura di Catania è più spaccata che mai. Ecco perché.

PROCURA DI CATANIA
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CATANIA – Il fragore degli applausi che ha avvolto l’insediamento di Giovanni Salvi nella Procura di Catania e quel bacio – immortalato da Livesicilia – con lo sfidante Giuseppe Gennaro, sembrano solo un lontano ricordo, quasi un’illusione. La sentenza del Tar Lazio che ha annullato la nomina di Salvi alla guida del palazzo di piazza Verga, emana l’odore asfissiante dei veleni che in questi mesi, lontani da occhi indiscreti, hanno continuato ad aggirarsi al primo e al secondo piano del tribunale etneo.

Gli applausi hanno lasciato il posto ai rancori per quella poltrona contesa e temuta, odiata e amata, servita e riverita, nella stanza alle spalle della grande statua della dea Giustizia che a Catania non è bendata ma ogni tanto, pare, soffre di una grave forma di cataratta.

Non saranno quei passi decisi, di Gennaro e Salvi, quando l’uno accanto all’altro andavano a sostenere l’accusa nel processo a Raffaele Lombardo, a svelare i retroscena di un rapporto che sembrava buono sul piano della tecnica giuridica, ma si è rivelato pessimo per molteplici riserve, tentazioni, paure, invidie e incomprensioni. Ci ha pensato il Tar a mettere a nudo quello che tutti sanno, a svelare ciò che i sorrisi immortalati dai flash dei fotografi cercavano di nascondere: Salvi e Gennaro si sono odiati. E si odiano.

Qui non giova celebrare quello che Salvi ha fatto di buono, anzi ottimo, dal momento dell’insediamento, basta dire quello che il Tar ha detto e far apparire il ricorso di Giuseppe Gennaro e Giovanni Tinebra per quello che è: il frutto di uno scontro all’ultimo sangue.

L’Ufficio ha grandi potenzialità, ma la tensione è cresciuta a ridosso dell’estate, tanto che il Tar, a pagina 21 della sentenza, svela che Gennaro ha chiesto la cancellazione di “alcune espressioni offensive” contenute all’interno della memoria che Giovanni Salvi ha depositato il 31 maggio 2012.

“La memoria di Salvi -scrive il Tar Lazio- afferma che il Gennaro sarebbe stato direttamente coinvolto nei contrasti che si sono verificati presso la procura della Repubblica di Catania e di seguito rappresenta al Collegio l’esistenza di un procedimento disciplinare aperto e quindi archiviato dal Consiglio superiore della magistratura nei confronti dello stesso Gennaro, e correlato ad indagini penali disposte, svariati anni or sono, nei suoi confronti, concluse esse pure con un’archiviazione”. In pratica Salvi ha ritirato in ballo, tra le argomentazioni, il noto “Caso Catania”, già ritenuto “irrilevante” dal Csm e smentito anche in sede giudiziaria. Da procuratore esterno rischia di farsi trascinare nel vortice dei vecchi veleni catanesi.

Salvi -continua il Tar- nella memoria ha inserito anche “un compendio dell’avvenimento su cui è intervenuta l’archiviazione, e che ovviamente non verrà qui riprodotto, bastando osservare come tale avvenimento non abbia nessuna effettiva relazione con la nomina del Salvi e non potesse quindi essere considerato dal Collegio se non alla stregua di un’interferenza insignificante, del tutto inidonea a suggestionare il giudicante in senso sfavorevole al ricorrente”.

Il Tar considera “offensivo” quanto esposto nella memoria di Salvi, “ove si tende a mettere nuovamente in dubbio la correttezza del Gennaro nella vicenda, già accertata sia dal giudice penale che dall’organo disciplinare”. “Se ne dispone pertanto -conclude il Tar- la cancellazione mediante annotazione a margine dell’originale della memoria depositata a cura della Segreteria di Sezione”.

Il problema non riguarda la valutazione dei fatti del Caso Catania, che ha già spaccato diverse generazioni di catanesi, riguarda piuttosto la Procura e la nuova spaccatura che la fa ripiombare nel clima che si respirava durante l’ultimo anno della reggenza di Vincenzo D’Agata. Il puzzo dei veleni alimenta sospetti, insinuazioni, etichette e schieramenti: elementi che non possono esistere all’interno di una Procura che è chiamata, in un momento come questo, a fare affermare la dialettica del diritto su ogni linguaggio possibile. L’Ufficio ha grandi potenzialità, i ricorsi di Tinebra e Gennaro potrebbero non portare ad alcunché e Catania non può permettersi una lotta intestina tra magistrati nell’attesa della pronuncia del Consiglio di Stato o del Csm. Così non va bene.


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