Mafia, Nitto Santapaola: l'ultimo padrino di Catania

L’ultimo padrino di Catania

Il modello criminale creato da Nitto Santapaola è quello che oggi predomina

CATANIA – La mafia muta. Si insinua. Si modella. Si infiltra. La mafia esiste. Non si vede, ma esiste. Cosa nostra ha scelto il suo modello di azione. Alcuni giudici siciliani lo hanno battezzato con un 2.0, per agganciarlo ai tempi digitali, ma la verità è che la strategia dell’inabissamento ha un padre criminale. Ed è l’ultimo padrino di Catania, Nitto Santapaola.

È lui – ad eccezione di alcuni palermitani e dell’introvabile Matteo Messina Denaro – l’ultimo uomo d’onore sopravvissuto della vecchia Cosa nostra. Un mafioso che aveva capito che le Istituzioni non si dovevano attaccare ma si dovevano corteggiare fino ad inquinarle. E diventarne parte. Negli anni 70 e 80, Nitto Santapaola ha avuto la capacità di farsi fotografare accanto a Prefetti, Questori e sindaci. È storico lo scatto (che vi mostriamo sotto, ndr) mentre il boss brinda con ‘Franco’ Romeo (ucciso in un’agguato il 18 marzo 1982, ndr) e l’allora primo cittadino di Catania Salvatore Coco durante l’inaugurazione del negozio di abbigliamento Scimar. Davanti la faccia pulita del commerciante di auto, dietro il volto turpe di uno dei più spietati criminali al mondo.

Da sinistra: Rosario ‘Franco’ Romeo, Nitto Santapaola e Salvatore Coco, sindaco di Catania dal 1978 al 1982

Il modello Santapaola è quello che ha creato la zona grigia fatta di uomini (criminali) in giacca e cravatta che invece della lupara usano la diplomazia mafiosa. Ma dall’altra parte, gli omicidi, la violenza, l’intimidazione e la sopraffazione non devono mancare per poter far rimbombare il terrore al suono di un cognome. La mafia militare al servizio di quella finanziaria. Quella invisibile e difficile da colpire. Un modus operandi che dopo la stagione sanguinaria dei corleonesi è predominante. Inchieste come Beta e Nebrodi delle Dda di Messina sono la fotografia plastica di quale è stato il trasformismo dei mafiosi. Ma Nitto Santapaola aveva creato quel sistema criminale già quaranta anni fa. Un’eredità criminale che ancora dunque resiste. Dalla sua analisi, anche storica, si possono trovare le armi per sconfiggerla. Per trovare la cura al cancro mafioso. 

Assoldato dall’uomo d’onore Pippo Calderone (nipote di Antonino Saitta), ammazzato in un agguato nel 1978, Nitto Santapaola è diventato in poco tempo il capo dei capi catanese. Anche grazie all’appoggio di Totò Riina. Il padrino catanese ha cercato di tenere fuori dai confini catanesi la stagione stragista. Sapeva che se voleva sedere ai tavoli che contavano, non poteva uccidere uomini dello Stato. Ma il suo silenzio per i giudici è valso come un assenso alla politica del terrore dei corleonesi in Sicilia. Le sentenze raccontano che l’unica eccezione è stato l’omicidio del poliziotto Gianni Lizzio, per cui Santapaola è stato condannato come mandante. Ma alcuni segreti di quella stagione rosso sangue potrebbero essere svelati da Ciccio Squillaci, ‘martiddina’. Proprio il killer di Lizzio ha deciso di collaborare con la magistratura dopo decenni in carcere. 

Non c’era la strategia dei corleonesi nell’omicidio del giornalista Pippo Fava. Era una voce che andava chiusa per fare ‘un favore’ agli amici in giacca e cravatta. Troppe volte al centro delle inchieste della penna coraggiosa del cronista. 

Nitto Santapaola ha iniziato come biscazziere in piazza Bovio. Alla sua corte cugini e nipoti. La stirpe della famiglia catanese di Cosa nostra comincia con tre donne. Le tre sorelle D’Emanuele hanno sposato i papà di Benedetto Santapaola, di Giuseppe Ercolano e di Giuseppe Ferrera. Da qui la dinastia si è allargata anche con matrimoni tra congiunti. Nitto  però ha scelto una donna lontana dagli ambienti criminali, come Carmela Minniti che per tutta la sua esistenza ha cercato di tenere i figli Vincenzo, Francesco e Cosima lontani dal mondo del padre. Poi nel 1995 Pippo Ferone ha deciso di collaborare per vendicare gli omicidi del padre e del figlio e ha suonato al campanello della casa del padrino a Cerza qualificandosi come un poliziotto. Quando la signora Santapaola ha aperto la porta è stata colpita dai proiettili. Uccidere una donna è contrario al codice di Cosa nostra. Ferone ha scelto di ammazzare la moglie del padrino. 

Anni e anni di latitanza, tra campagne messinesi con l’appoggio dei Barcellonesi, in scantinati dell’Etna, nei casolari del calatino. Mentre era lontano, chi aveva il ruolo di comandare era Aldo Ercolano, figlio di Pippo Ercolano e Grazia Santapaola (la sorella di Nitto). Sono stati anni di sangue, centinaia di morti in una guerra cruenta tra clan. Il cartello dei Cursoti, poi smantellati in diverse famiglie ancora oggi operative, è nato proprio per contrastare Nitto Santapaola. Il padrino è riuscito a sfuggire alle manette fino al 1993. I poliziotti sono arrivati nel suo covo a pochi chilometri da Mazzarrone dove c’era anche una piccola cappella. La sentenza Dionisio ha raccontato che, nonostante il 41 bis, sarebbe riuscito a inviare direttive fino al 2005. Ma le intercettazioni ci hanno testimoniato che ancora si applaude in onore dello “zio Nitto”. L’ultimo padrino di Catania. 


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