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Ma Arrigoni non era un pacifista

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Vittorio Arrigoni era sicuramente un uomo coraggioso, uno che va, guarda e decide da che parte stare, uno che ha saputo morire. Uno più di noi che il racconto lo subiamo dalle televisioni. E c’era da credergli quando riportava con scrupolo gli orrori in Palestina. E’ tutto vero. In quel mondo dimenticato dal resto del mondo succedono cose tremende. Però è pur vero che il terrore laggiù nasce da una situazione incancrenita dal tempo. E  il cancro non è nato per colpa dei pacifisti. E’ una ferita tragica, approfondita da coloro che si schierano da una parte o dall’altra, odiando fortemente l’opposto.

Vittorio Arrigoni odiava Israele, c’è un’ampia documentazione che abbiamo letto con scrupolo. Ecco perché non era un pacifista. E’ stato definito così per la solita corruzione mediatica che altera l’identità degli individui dopo la morte. Chi combatte sotto la bandiera della pace odia la violenza e il sopruso. Odia i soldati e le armi. Non odia un intero paese, un popolo fatto anche di bambini che vanno a scuola, di persone che vivono normalmente, quando possono, di giorni pieni di relazioni e volti umani. Un pacifista tenta di “mettere pace”, ascoltando le ragioni contrapposte delle fazioni in armi. Cerca la mediazione, il senso comune.
Sul ricordo di Vittorio Arrigoni sventola la bandiera della lealtà, del coraggio e perfino dell’amore e della giustizia. Ma la bandiera della pace sventola altrove.

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