Caro Direttore, vorrei prendere spunto dalla notizia del parere negativo della terza commissione del CSM sul collocamento fuori ruolo del dott. Ingroia, per prospettare a Lei – e, se lo riterrà opportuno, ai suoi lettori – una considerazione estranea alla cronaca di questi giorni.
In Italia la giustizia va a rotoli: lo sanno le migliaia di detenuti in condizioni disumane che scontano una pena senza condanna, perché in attesa di giudizio; lo sanno le vittime di un reato, che troppo spesso vedono spiare il termine di prescrizione; lo sanno le parti di una causa civile che attendono indefinitamente una sentenza; lo sa Banca d’Italia, che dice che la malagiustizia costa 1% di PIL; lo sa la Corte di Giustizia Europea, che ogni anno ci sanziona per l’irragionevole durata dei processi. Ovviamente la causa dello sfascio non è una sola, ma la conseguenza di innumerevoli errori che sono stati commessi nel passato e che si perpetuano ancora oggi.
Ma vengo alla considerazione che volevo fare con Lei. Secondo il sito del CSM la pianta organica dei magistrati ordinari in Italia è di 10.151 unità, ma in servizio vi sono 8.677 magistrati, di cui 8.382 negli uffici giudiziari. In sostanza, nel nostro Paese mancano 1.769 magistrati con un deficit del 17,4%. Ciò inevitabilmente determina che vi siano perennemente sedi scoperte; in Sicilia, nei suoi 4 distretti di Corte d’Appello, a fronte di un organico previsto di 1.119 magistrati, ne mancano 150 (a Palermo 66, a Catania 46, a Messina 20, a Caltanissetta 18); ossia una carenza del 13,4%. Come è pensabile in una situazione del genere che la Giustizia funzioni?
Allora, senza volere entrare nel merito della richiesta di collocamento fuori ruolo del dott. Ingroia, sarebbe senz’altro opportuno evitare al massimo i distacchi dagli uffici giudiziari dei magistrati, compiendo magari un’operazione di richiamo di tutti coloro che hanno vinto un concorso per fare Giustizia, ma nel frattempo fanno altro.
*L’autore è avvocato, presidente dell’Aiga