PALERMO – “Questi sfortunati”, ripeteva spesso Settimo Mineo. Nel libro paga di Cosa Nostra ci sono madri, mogli e figli di boss detenuti. Mineo sapeva che un buon capo non deve fare venire meno la catena di solidarietà, altrimenti la già martoriata organizzazione criminale rischierebbe di colare a picco.
E così si faceva in quattro l’anziano capomafia di Pagliarelli, colui che ha presieduto la cupola del dopo Riina, riunita nel maggio del 2018. Mineo si difende sostenendo che non vi ha potuto partecipare perché stava facendo degli accertamenti in ospedale. I magistrati della Dda di Palermo, sulla base degli accertamenti dei carabinieri del Nucleo investigativo, sono certi della sua presenza.
Di sicuro, e c’è traccia nelle informative, l’anziano boss si è dato un gran da fare per aiutare, tra gli altri, i familiari di Giovanni Adamo, Vincenzo Giudice, Alessandro Alessi, Marcello Viviano, Gianni Nicchi e Michele Oliveri. Tutta gente detenuta che ha fatto parte, anche con ruoli di vertice, del mandamento di Pagliarelli . “Gli devo dare di nuovo i soldi… siccome ce li ho al negozio… gli ho detto stai attento perché non sono cose mie. Lui li prende da li e poi li mette di nuovo… vediamo se c’è lei oppure sua sorella… avantieri gli ho portato… per Natale”, diceva Mineo, svelando l’esistenza di un fondocassa dell’organizzazione.
Matteo Maniscalco, il suo fidato autista, elogiava il comportamento del capo, ma Mineo ribadiva di non avere fatto nulla di più che il proprio dovere: “… non me lo sono preso io, l’abbiamo tutti l’abbiamo, solo che dice … noialtri non vogliamo toccare niente. Vabbè, li tocco io… la “scossa” mi viene a me… come quando c’è il programma ‘scossa’… il programma che fanno nella televisione ‘scossa’ … è ‘scossa’”.
Mineo prelevava i soldi e gestiva i pagamenti in prima persona: “”Dammi queste cose che ci mando al picciuttieddu”, diceva mentre contava i soldi in macchina sotto casa di Adamo. Le microspie hanno captato il fruscio delle banconote: “… quattro e cinque, almeno mischini”.
La moglie di Adamo faceva il resoconto al marito detenuto: “La prima volta che è venuto io gli ho detto salga e lui mi ha risposto no. Poi è venuto di nuovo e mi ha detto ora che c’è il ragazzo entro… ed è entrato”. Perché Mineo è un uomo all’antica.
Altra intercettazione, altro conteggio di denaro: “Uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette, otto, nove e dieci, undici, dodici, tredici, quattordici, quindici, sedici, diciassette, diciotto, diciannove, venti, ventuno, ventidue, ventitré, ventiquattro e venticinque…”.
In carcere è stato intercettato il colloquio fra Vincenzo Giudice e la moglie. Il boss la invitava ad accontentarsi. “… sempre i piccioli ti deve dare… quanto ti da… va bene, a posto”. Insomma, la donna doveva accontentarsi.
Anche la mamma di Gianni Nicchi, Lucia Martinelli, godeva della solidarietà della famiglia mafiosa. “Dice che… gli mandava la spesa ogni settimana alla zia Lucia… gliela porta la roba”. Roba da mangiare e niente soldi. “Arrestarono a Vicè, perché l’ultimo a portare le cose fu Vicè”, diceva qualcuno bene informato”. L’ultimo a consegnare soldi era stato Vincenzo Giudice. Dopo di lui la madre del figlioccio di Nino Rotolo si è dovuta accontentare delle sole provviste per la dispensa.
La crisi colpisce anche Cosa Nostra: “… non è che ti pare che… io vorrei fare di più ma – diceva rammaricato Mineo – l‘importante che gli diamo le cose a questi sfortunati”.