CATANIA. “L’analisi del fenomeno mafioso è incompleta se si guarda solo alle stragi di mafia e ai grandi boss o latitanti. Bisogna andare a guardare la genesi: e la genesi è la questione minorile. La mafia è anche una questione minorile. Lo dimostra il fatto che a Catania e dappertutto ci siano sempre le stesse famiglie a comandare nonostante le grandi e importanti operazioni delle forze dell’ordine.
Il tema della questione minorile, e mi sconforta molto, è rimasto ai margini della recente campagna elettorale”.
Sono parole urgenti. Opportune e tutte al loro posto, quelle che il Presidente del Tribunale per i Minori, Roberto Di Bella scambia con LiveSicilia.
E’ una questione aperta quella della questione minorile.
Che si manifesta con la dispersione scolastica e si concretizza nella quotidianità.
E l’intervista con il Presidente Di Bella, apre scenari dai quali le istituzioni non possono minimamente tirarsi indietro: “La Città metropolitana di Catania registra punte di dispersione scolastica non degne di un territorio civile: siamo al 25,2%, Una percentuale altissima che si registra, ovviamente, tra i quartieri più degradati”.
Tradotto, significa che migliaia tra bambini e giovanissimi tra i 6 ed i 18 anni che eludono l’obbligo scolastico.
“E’ un dato terribile”
“E’ un dato terribile. Allarmante”. Il dottor Di Bella ha ben chiaro da tempo il quadro col quale si trova a convivere: “Catania è la prima città, delle quattordici città metropolitane, per numero elevato di dispersione scolastica. Verosimilmente, quindi, la prima in Italia”.
E allora, certo che il dato è davvero “terribile e allarmante”: “Servirebbe anche il tempo pieno ma a Catania siamo molto indietro”.
La sinergia con la Prefettura
“Non si tratta solo di numeri ma di un riflesso immediato sulla disoccupazione e sulla delinquenza minorile: due fattori strettamente collegati alla dispersione scolastica. I ragazzi che non vanno a scuola perdono non solo la cultura ma anche la dimensione educativa e relazionale che la scuola ti da.
E questi ragazzi che non vanno a scuola, stanno in strada ed alimentano le fila del lavoro nero e, nella maggior parte dei casi, della malavita comune o organizzata.
Col Prefetto stiamo tentando di porre un freno sensibilizzando i dirigenti a segnalare i casi che interessano le singole scuole”.
“Non mandi i figli a scuola? Ti togliamo il Reddito di Cittadinanza”
“Tra le pieghe della ricezione del Reddito di cittadinanza, c’è un comma che prevede che chi ne usufruisce deve garantire i corsi d’istruzione dei figli. E allora, abbiamo avviato una collaborazione con l’Inps per avere uno strumento che consenta di vedere ridotto o addirittura revocato il Reddito di cittadinanza qualora i genitori non mandino i loro figli a scuola. Appena parte la segnalazione al Tribunale per i minorenni, interveniamo immediatamente.
L’Inps ha già avviato, dietro nostra segnalazione, duecento riduzioni di Reddito di cittadinanza e si è anche verificato che, in alcuni casi, c’erano famiglie che non avevano nemmeno i requisiti per usufruire del Reddito”.
Il Progetto “Liberi di scegliere”
“Stiamo ottenendo risultati importanti. Naturalmente non “allontaniamo” tutti: stiamo interloquendo moltissimo con le famiglie. Anche qualche padre che si trova in carcere ci ha incoraggiato a proseguire nella strada intrapresa ed ha incoraggiato la moglie ad andare via.
A gennaio di quest’anno un detenuto catanese al 41bis, mi ha detto: “Mi aiuti e aiuti mio figlio a cambiare mentalità; in certi quartieri della città di Catania i ragazzi pensano che andare a scuola e rispettare le regole sia da fessi”. E questi sono segnali molto importanti”.
Centro e periferia in mano a scorribande (anche) di minorenni
“Anche tutto questo è collegato alla dispersione scolastica e nel nostro territorio esistono pochissimi asilo nido e pochissime scuole materne. Ci sono quartieri in cui non esiste, di fatto, la pre-scolarizzazione: un bambino si forma tra i 4 ed i 5 anni e quindi ancor prima che faccia la scuola elementare.
La scuola è il luogo dove i bambini assumono le loro prime responsabilità nei confronti degli insegnati e dei compagni. E se mancano questi passaggi fondamentali vengono meno le regole e la cultura. E l’atteggiamento oggi tenuto in strada è strettamente collegato alle politiche sociali di prevenzione che nel corso dei decenni non sono state adeguate”.
Un’azione decisa
“Catania è divisa in ghetto e borghesia ed è inaccettabile per una città così all’avanguardia. Noi ci muoviamo quotidianamente come Tribunale da un punto di vista civile e amministrativo: ma i nostri possono essere solo interventi di natura secondaria. La prevenzione iniziale devono farla le istituzioni e la scuola.
In quartieri come San Cristoforo e Librino stiamo avendo una grossa mano da carabinieri, polizia e finanza.
A me quello che interessa è riportare i ragazzi a scuola.
E lo faremo. La nostra azione è decisa”.